Crespi d'Adda torna a vivere
Sarà sede del Gruppo Percassi

Dieci anni dopo la chiusura, la fabbrica di Crespi d'Adda torna a vivere: diventerà la sede delle attività di Antonio Percassi. Bocche cucite sulle modalità della trattativa con il gruppo Polli, ultimi proprietari dell'ex opificio, e soprattutto sulla cifra pagata.

Dieci anni dopo la chiusura, la fabbrica di Crespi d'Adda torna a vivere: diventerà la sede delle attività di Antonio Percassi. Bocche cucite sulle modalità della trattativa con il gruppo Polli, ultimi proprietari dell'ex opificio, e soprattutto sulla cifra pagata per un simile esemplare di archeologia industriale, ma la partita è ormai chiusa. Già durante l'estate era stato firmato un preliminare, nei giorni scorsi è arrivato l'ultimo via libera: quella della Soprintendenza ai Beni architettonici e culturali, che ha escluso la presenza di vincoli monumentali sull'edificio.

L'immobile avrà una destinazione polifunzionale: sede delle molteplici attività del gruppo, ma anche spazi espositivi e culturali. Una soluzione ipotizzata già nei mesi successivi alla chiusura della fabbrica, nel 2003: in quel frangente l'allora amministrazione comunale di Capriate San Gervasio aveva pensato ad uno studio di fattibilità per trasformare la fabbrica in un polo culturale, con un distaccamento universitario per discipline dell'industria tessile o un centro di ricerca nel settore. Un'idea rimasta però sulla carta, e per l'opificio era iniziato così un lento e inesorabile declino: vandalismi, furti di rame, l'abbandono.

Nei mesi scorsi un team del Politecnico di Milano aveva affrontato nuovamente la questione, evidenziando la necessità di scenari realistici per il rilancio del villaggio operaio – sito Unesco dal 1995 – e la questione della fabbrica era assolutamente centrale. Come il coinvolgimento del territorio e della associazioni di categoria.

Una realtà articolata
La mossa di Percassi va proprio in questa direzione: una sorta di ritorno alle origini, ad un'imprenditoria che non scindeva produzione, cultura e qualità della vita. Nella fabbrica troveranno posto le sedi del gruppo dislocate a Bergamo e la holding da cui dipendono le principali partecipazioni: da quelle di sviluppo immobiliare e di natura finanziaria al ramo retail ed e-commerce. Da Kiko, Madina e Womo nel settore cosmetico a Dmail Group (attiva nel commercio multicanale e nell'editoria), passando per L'Innominato Spa (ha accordi in franchising con Nike, Levi's, Polo Ralph Lauren, Tommy Hilfiger, Ferrari), Platinum (con Gucci), Billionaire Italia Couture e, naturalmente, anche l'Atalanta. La cui sede rimarrà comunque a Zingonia.
Un assetto societario frutto della riorganizzazione e separazione di inizio 2013: da una parte Antonio Percassi e dall'altra i fratelli Santo, Rino e il nipote Francesco (in rappresentanza degli eredi del quarto fratello Giuseppe, scomparso nel 1999) che ora detengono pariteticamente il 100% della holding immobiliare Fratelli Percassi spa, attiva nel settore dell'edilizia e delle costruzioni e nel mercato residenziale e direzionale. Una separazione netta, con un'eccezione: la Stilo, società che cura i progetti immobiliari più importanti di questi anni: dalle terme di San Pellegrino al futuro centro commerciale di Segrate, in partnership con il colosso australiano Westfield, ma anche il Fashion Mall che sorgerà a Settimo Torinese o il Canyon Forest Village in Arizona. In Stilo sono presenti entrambi i gruppi.

Una lunga e gloriosa storia
Gli spazi sui quali potrà contare Percassi a Crespi sono davvero immensi: la fabbrica si sviluppa infatti su un'area di 100 mila metri quadri, e la parte costruita (sotterranei compresi) non è inferiore ad 80 mila. Fabbrica e villaggio sono stati realizzati a cavallo tra Otto e Novecento dalla famiglia di industriali cotonieri Crespi, agli albori della nascita dell'industria moderna in Italia: una visione molto illuminata, che portava a tutelare i propri operai dentro e fuori la fabbrica.
Dal posto di lavoro all'abitazione, passando per spazi comuni, la scuola, i negozi. Lo stile oscilla tra classicismo e romanticismo, con molte costruzioni di gusto neomedioevale. È il caso dell'opificio, dal caratteristico ingresso monumentale. Nel 1930 i Crespi, famiglia originaria di Busto Arsizio, si trova a rimettere tutto nelle mani della creditrice Banca Commerciale Italiana: 7 anni dopo, lo stabilimento viene rilevato dalla Sti (Stabilimenti tessili italiani) di Bruno Canto.
Negli anni successivi è la volta della Legler, che già nel lontano 1876 aveva iniziato la produzione a Ponte San Pietro. Nel 1989 la famiglia Legler cede il controllo al gruppo Polli, proprietario all'epoca anche della Manifattura di Val Brembana, che nel 2003 concentra tutto a Ponte San Pietro e fa calare il sipario sulla storia ultrasecolare della fabbrica di Crespi d'Adda. Dieci anni dopo, ecco i segnali di una possibile rinascita.

Dino Nikpalj

© RIPRODUZIONE RISERVATA