I costruttori sono abbandonati:
paghiamo l'inefficienza dello Stato

Aria pesante. È quella che si respira all'Ance di Bergamo: la casa dei costruttori bergamaschi sembra un fortino assediato, specie dopo l'ultima capitolazione, quella dell'impresa Pandini che ha appena chiesto il concordato in bianco.

Aria pesante. È quella che si respira all'Ance di Bergamo: la casa dei costruttori bergamaschi sembra un fortino assediato, specie dopo l'ultima capitolazione, quella dell'impresa Pandini che ha appena chiesto il concordato in bianco e che, vista la storia che l'accompagna, ha messo in fibrillazione l'intera città.

Come il più consumato capitano di fregata, il presidente Ottorino Bettineschi sa che in questi casi, occorre farsi vedere ben saldo al timone e possibilmente infondere coraggio all'equipaggio. Ma non è facile: neppure per uno come lui, abituato sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno.

Presidente, altri settori sembrano intravedere qualche spiraglio in fondo al tunnel, per il mattone invece è ancora notte fonda...
«Purtroppo è così. Anzi, da gennaio di quest'anno abbiamo assistito all'aggravamento di un settore già fortemente provato. In Bergamasca dal 2008 ad oggi sono state ben 1.200 le imprese edili che si sono arrese, fallendo o chiedendo il concordato, praticamente il 30% del totale».

Cosa sta succedendo se anche i giganti gettano la spugna?
«Succede che, oggi più che mai, siamo abbandonati a noi stessi, che paghiamo le inefficienze dello Stato. Potrà sembrare un disco rotto, ma lo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione, previsto dal decreto in 30 giorni, ad oggi è rimasto lettera morta. Inoltre negli ultimi 10 anni gli investimenti pubblici nelle infrastrutture sono calati del 62%, quelli per le manutenzioni del 42%, con il Patto di stabilità che è diventato la nostra pietra tombale».

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