Comac Group, la crisi
si combatte con nuovi mercati

Per usare un termine familiare, alla Comac stanno cercando di «imbottigliare» la crisi e ripartire di slancio. Non è facile, ma la storia dell’azienda di Bonate Sotto, ormai prossima ai vent’anni, dimostra che da piccola outsider dei primi anni è stata in grado di diventare leader mondiale nella realizzazione di impianti per l’infustamento e l’imbottigliamento per le bevande, dal vino alla birra, fino ai soft drink, annoverando clienti del calibro di Coca Cola, Heineken, Carlsberg, Damm e Campari, Inbew, Modelo (birra Corona), Menabrea.

Un primato del settore che dividono con la tedesca Khs, «con una piccola differenza - ironizza uno dei cinque soci, Giorgio Donadoni -: che loro ci sono arrivati con 5.000 addetti, mentre noi, con le nostre tre società della filiera, arriviamo a poco più di cento dipendenti». Proprio la struttura raccolta, ma estremamente flessibile, in grado di fornire grandi performance unendo qualità commerciali e tecniche, ha fatto di Comac Group un partner di grande affidabilità agli occhi delle multinazionali del beverage mondiale, al punto di affidare loro linee complete di infustamento.

Ora in Comac stanno cercando di risollevarsi da una recessione che ha eroso il fatturato (fino al 2007 era sempre stato in crescita raggiungendo i 23 milioni, ora è ben sotto i 20) aggredendo i nuovi mercati e puntando tutto sull’innovazione tecnologica. Così, nell’ultimo mese è arrivato qualche segnale di ripresa: proprio l’espansione sul mercato africano ha infatti portato all’acquisizione di una commessa superiore ai 3 milioni di euro per la fornitura di un impianto completo con una riempitrice di bottiglie elettronica di ultima generazione per l’imbottigliamento di succhi di frutta con polpa, venduto ad uno dei più importanti gruppi del settore in Algeria.

Una boccata d’ossigeno per il gruppo che dispone di tre società, tutte a Bonate Sotto: Comac (infustamento), Mcd (imbottigliamento) e Mc Inox (macchine di infustamento) e che fa capo fin dalla fondazione nel 1990 a 5 soci, quasi tutti coetanei e cresciuti insieme fin dall’infanzia: i fratelli Giuseppe e Marco Scudeletti, Giorgio e Fabio Donadoni ed Elio Zonca. Ma Comac, che fin dai primi anni ’90 era riuscita ad esempio a penetrare nei mercati dell’est europeo, imponendosi con i propri impianti di infustamento per la birra sia nella Repubblica Ceca che in Slovacchia, non ha mai pensato un minuto ad arrendersi: «La nostra filosofia - spiega ancora Donadoni - è sempre stata ispirata allo sviluppo: non a caso, anche negli anni più floridi, abbiamo sempre reinvestito gli utili in azienda, per farci trovare pronti anche a momenti critici come questo».

La strategia per il futuro passa quindi attraverso due parole d’ordine: riorganizzazione aziendale e internazionalizzazione sempre più spiccata. Sul primo fronte già a settembre Mcd sarà incorporata in Comac «per ottimizzare costi e risorse», spiegano in azienda, mentre si insisterà sulla «campagna d’Africa», continuando il filone intrapreso in Algeria, anche in Tunisia, Egitto e Libia. «L’intenzione - spiega Donadoni - è anche quella di rafforzarsi sul mercato dei grandi produttori di birra dell’America Latina e gli Stati Uniti, non trascurando, tuttavia, il sempre più fiorente mercato delle micro-birrerie che stanno vivendo una seconda giovinezza proprio negli Usa». Questi progetti sono stati resi possibili grazie agli sforzi in ricerca e sviluppo che l’azienda ha sempre sostenuto, oltre alla creazione di un laboratorio-prove per testare le nuove soluzioni tecniche.

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