Maglificio Dalmine, al via
riorganizzazione con 73 esuberi

Da un lato il grande peso di una decisione che, se non fosse per la situazione congiunturale difficile a livello globale, non avrebbe mai preso: dall’altro la caparbietà e la volontà di non arrendersi nonostante le forti difficoltà che in questo momento si incontra nella ridefinizione di un piano industriale capace di rilanciare l’azienda. Sono queste le sensazioni che governano le giornate di Daniele Grassi, amministratore delegato del Maglificio Dalmine, che lunedì 28 settembre ha annunciato una riorganizzazione operativa della sua azienda, che prevede una significativa riduzione dell’organico: 73 posti di lavoro in meno con un’occupazione che, nell’azienda scenderà dagli attuali 138 unità alle prossime 65.

«La situazione è assolutamente difficile con una problematicità crescente se contestualizzata nell’attuale fase di difficoltà che vive l’economia mondiale oggi e, soprattutto, la realtà del mondo del tessile-abbigliamento» spiega l’imprenditore. «Dopo più di 50 anni di attività, dopo esserci affermati anche a livello internazionale, così come molte altre aziende del settore stiamo soffrendo una crisi di mercato che va oltre la congiuntura: che potremmo definire strutturale in quanto causata da un crescete eccesso di offerta che proviene da produzioni estere».

La famiglia Grassi, spiega l’imprenditore, «continua a credere nella sua aziende e in una produzione di alta qualità realizzata esclusivamente e completamente in Italia. Abbiamo finanziato l’azienda e continueremo a farlo: nonostante gli ostacoli non manchino, primo fra tutti la difficoltà di accesso al credito». Per il rilancio il Maglificio Dalmine conta su una progettualità costante: «È stato predisposto un piano industriale che punta a ridefinire e confermare una presenza della società nella fascia alta del settore abbigliamento: abbiamo stretto una significativa collaborazione con il marchio Pal Zileri; stiamo lavorando per un altro importante progetto collaborativo che presenteremo al prossimo Pitti; ma ci troviamo nella condizione di dover rivedere il nostro assetto organizzativo, cercando di garantire quella fondamentale continuità produttiva a tutti gli ambiti in cui opereremo».

Da qui la riduzione del personale. «Da luglio scorso, e lo sarà fino alla fine di dicembre, abbiamo aperto la procedura di cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale. Oggi, però - spiega Grassi -, per salvaguardare la continuità aziendale dobbiamo nostro malgrado aprire la mobilità per 73 dipendenti». Un confronto che l’imprenditore nei giorni scorsi ha aperto con la rappresentanza sindacale. «La scelta è difficile - spiega Grassi -, ma confidiamo nella responsabilità di tutti: da parte nostra ci sarà la massima disponibilità a trovare le soluzioni migliori e quelle che abbiano il minore impatto possibile».

«Il confronto è aperto - dicono Sergio Licini e damiano Bettinaglio, rispettivamente di Femca-Cisl e Filtea-Cgil -: come sindacato, ovviamente, punteremo ad una gestione morbida della ristrutturazione annunciata. Per questo abbiamo anticipato all’azienda che chiederemo un impegno comune per gestire questo momento delicato attraverso un percorso di cassa integrazione straordinaria in deroga che può partire dal termine dell’attuale Cigs». Un’ipotesi condivisa già dalle lavoratrici («la manodopera è composta al 90% da donne, quasi la totalità giovani visto come già qualche anno fa il Maglificio Dalmine aveva dato corso ad una precedente ristrutturazione») che hanno però chiesto «la possibilità di dar corso alla rotazione». Ecco, appunto, la rotazione: sarà questo il pomo della discordia al centro del confronto sindacale che, ufficialmente, riprenderà il prossimo 15 ottobre. «Nei prossimi giorni - spiegano dal sindacato - valuteremo la possibilità di chiedere un incontro alle istituzioni locali».

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