Bonus da 80 euro, si cambia
Rinvio sulla flessibilità delle pensioni

Con i super ammortamenti la manovra attesa al Consiglio dei ministri di giovedì si arricchisce di un altro tassello, a cui aggiungere anche la probabile trasformazione del bonus da 80 euro da spesa a sgravio fiscale.

È ormai quasi certo che slitterà al 2016 l’atteso provvedimento sulla flessibilità in uscita nelle pensioni. «Non abbiamo ancora trovato la soluzione per consentire di andare in pensione un paio d’anni prima», ha ammesso ieri sera il premier Matteo Renzi a «Che tempo che fa», su Rai Tre. «Se si interviene sulle pensioni senza saggezza si fa danno, quindi proporremo la soluzione nel 2016, quando i numeri saranno chiari». Quello che invece entrerà nella manovra sarà «una misura ad hoc» per facilitare il lavoro dei professori universitari, riportando eventualmente in Italia quelli espatriati all’estero. A 500 di loro, ha assicurato il presidente del Consiglio, sarà dato «un gruzzolo» per portare avanti progetti di ricerca nelle università, «slegandoli dalle dinamiche burocratiche della Pubblica amministrazione».

Se però il governo dovesse inserire nella Legge di stabilità tutti i punti emersi finora, l’importo salirebbe a oltre 28 miliardi, che ancora non sono stati tutti trovati. Ci stanno lavorando il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e lo stesso premier. Il Parlamento ha già dato il via libera a utilizzare il deficit fino al 2,4% del Pil l’anno prossimo (circa 17,9 miliardi), sfruttando il più possibile la flessibilità europea, ma a Bruxelles la partita resta ancora da giocare.

Il disco verde della Commissione non è infatti prevedibile al momento su tutto l’importo, ma solo sulle clausole riguardanti le riforme e gli investimenti, lasciando temporaneamente da parte invece la più complessa e articolata questione migranti, da cui l’Italia puntava a ottenere uno 0,2% di deficit. Circa 3 miliardi insomma, senza i quali la flessibilità utilizzabile si riduce a meno di 15. In questa cifra vanno però considerati anche i 5 miliardi destinati al piano di investimenti cofinanziati dall’Ue: al netto le coperture apparentemente disponibili scendono quindi ancora, a circa 10 miliardi. A queste devono comunque aggiungersi circa 7 miliardi di spending review, probabilmente un miliardo dalla riforma dei giochi e, secondo le stime più ottimistiche, altri 3 miliardi di entrate dovute nel 2016 alla voluntary disclosure (il rientro volontario dei capitali all’estero, ndr).

In tutto 21 miliardi, che non basterebbero. I punti fermi, come è noto, sono cancellazione delle clausole di salvaguardia di Tasi e Imu e il pacchetto imprese, comprensivo di ammortamenti. Per questo, sono ancora in bilico la flessibilità delle pensioni e il rinnovo della decontribuzione per i nuovi assunti.

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