Economia
Venerdì 31 Gennaio 2003
Produzione, Bergamo segna ancora il passo
Situazione non buona rispetto al resto della Regione (terz’ultima con un -1,5%), ma già nei primi tre mesi dell’anno si potrebbe tornare all’attivo
Lombardia sui blocchi di partenza: Bergamo, invece, ancora in fase di riscaldamento. Usando un semplice esempio sportivo si può descrivere così la fotografia dell’economia regionale scattata nel «1° Consuntivo sulla produzione industriale lombarda» su iniziativa dell’Unioncamere Lombardia in collaborazione con la Regione Lombardia e Confindustria Lombardia (l’ex Federlombardia).
Lombardia sui blocchi perché, se è pur vero che nel 2002 la produzione industriale a livello annuo ha segnato ancora un calo (-0,7%), è altrettanto vero che il dato è migliore rispetto alla media nazionale (che secondo le prime stime dovrebbe attestarsi ad un meno 2-2,5%) e, soprattutto, che il quarto trimestre 2002 segna una crescita dello 0,6% sul trimestre precedente e dello 0,8% sul quarto trimestre 2001. Il tutto in un contesto «europeo», riferito alle principali aree industriali dell’Unione (Catalogna, Rhône-Alpes e Baden Württemberg) che evidenzia le stesse tendenze.
Bergamo in fase di riscaldamento perché, invece, il consuntivo della produzione industriale cala, nel 2002, dell’1,5% (la terza peggior performance assoluta a livello regionale): un dato decisamente negativo rispetto alla media regionale, tutto sommato positivo rispetto alla media nazionale, e, in ogni caso, condizionato dalla ciclicità negativa dei settori economici e che proprio nel 2002 ha visto regredire più d’ogni altre aree d’attività quali il tessile (-2,9%), l’abbigliamento (-2,2%) e la meccanica (-1,5%).
La perfetta fotografia strutturale dell’industria presente nel territorio orobico. Con la speranza che possa essere letta anche come «istantanea congiunturale» e quindi, sulla spinta di ciclicità, destinata a modificarsi in positivo nella prospettiva di un rilancio generalizzato dell’economia.
Un messaggio di fiducia, quello lanciato da Vico Valassi, presidente di Unioncamere Lombardia, Maurizio Crippa, direttore generale di Confindustria Lombardia, Pietro Enrico Ferri, docente di economia politica all’Università di Bergamo, ed Enzo Rodeschini, direttore dell’Ufficio Studi di Unioncamere, anche se - nessuno lo nasconde - su una situazione che pare volgere al bello aleggia l’incertezza della guerra. Un conflitto che, almeno per il momento, rischia di avere come unico effetto concreto quello di «invogliare» all’immobilismo economico.
Andando ad un’analisi più sostanziale della situazione tracciata dal «1° Consuntivo sulla produzione industriale lombarda» (che è stata sviluppata su un campione di 1.500 imprese lombarde appartenenti al settore manifatturiero - aventi almeno 10 addetti - in 13 diverse aree produttive presenti in tutte le province della Lombardia), i numeri evidenziano un’andamento disomogeneo sia per quanto riguarda la tipologia produttiva che l’area geografica di riferimento.
Dal punto di vista dei settori, andamento in crescita per 7 dei 13 settori analizzati con le performance migliori registrate dalla produzione di alimentari (che cresce del 3,8%), dalla chimica (più 1,6%) e dai metalli non metalliferi (più 0,8%). Al contrario, a parte il settore del legno che segna un andamento stabile, sono sei i comparti in «rosso»: tessile (-2,9%), abbigliamento (-2,2%), calzature (-2,1%), meccanica (-1,5%), gomma (-1,3%).
Una situazione che risulta ancora più sbilanciata se, l’analisi, viene guardata dal punto di vista geografico. Sono solo tre le province che evidenziano una crescita dell’attività produttiva nel corso del 2002: Mantova, prima con il suo 1,5%, Cremona (con un più 1,4%) e Sondrio (+0,6%). Tutte le altre province sono in calo: Lecco (-0,3%) e Brescia (-0,4%) risultano comunque sopra la media lombarda (-0,7%). Milano (-0,7%), Lodi (-0,8%) e Pavia (-1,5%) stanno davanti a Bergamo (-1,5%), mentre solo Como (-2,2%) e Varese (-2,3%) hanno fatto peggio delle imprese della provincia orobica.
Il quadro complessivo, è stato affermato ieri, conferma comunque un trend di ripresa dell’economia lombarda. Sia pure lenta. «L’anno 2002 si è chiuso con un quarto trimestre in crescita - ha sottolineato Valassi - confermando il miglioramento costante che la nostra economia regionale ha dimostrato dal primo trimestre del 2002. Un risultato che ci sentiamo di proiettare anche sui prossimi mesi, tanto che il nostro modello previsionale, ma anche le stesse impressioni registrate tra le imprese, inducono a stimare un ritorno in campo positivo già dai primi tre mesi del 2003».
«I principali indicatori economici riferiti all’ultimo trimestre 2002 e all’intero anno confermano le difficoltà che il mondo industriale si è trovato ad affrontare negli ultimi anni - ha dichiarato Crippa -. Le previsioni lasciano intravedere un miglioramento. Sembra che la parabola discendente abbia quindi raggiunto il limite, ma è prematuro parlare di ripresa. L’economia si trova in una situazione di "stand-by", per uscire dalla quale saranno importanti anche le decisioni della Regione Lombardia in tema di infrastrutture, sostegno alla ricerca e all’internazionalizzazione delle imprese».
L’indagine congiunturale in questa occasione ha coinvolto le aziende anche su due temi «caldi» della politica economico finanziaria del Paese: gli effetti della Finanziaria 2003 e i condoni. Come ha sottolineato Crippa, su entrambi i temi le imprese lombarde si sono dimostrate scettiche: «La Finanziaria non è piaciuta a nessuno in quanto è stato avvertito uno sbilanciamento verso la soluzione di problemi di finanza pubblica. Tanto che l’80% degli intervistati avverte il forte rischio che la Finanziaria possa deprimere l’andamento congiunturale». Sul condono, invece, tre imprese su quattro sostengono che questa politica «altera le regole di mercato a scapito dell’impresa rispettosa delle norme», pur se è avvertito che il loro utilizzo può risultare «utile al Governo per incrementare il volume delle entrate».Paolo Perucchini
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