Tessile, contro la crisi «rottamazione» degli abiti

Il sistema moda proporrà al governo politiche di sostegno dedicate sia ai consumatori sia alle imprese della filiera

Se possono esistere i contributi alla «rottamazione» per le auto e gli elettrodomestici perché non ci possono essere i contributi alla «rottamazione» dei vestiti? La domanda è semplice quanto opportuna. Se la strada per il sostegno di settori industriali in crisi e importanti per il tessuto socio-economico italiano passa per i contributi statali al «cambio» usato-nuovo, sostengono gli imprenditori del settore moda, allora tale politica può essere utilizzata anche per un settore storico e tuttora fondamentale per la nostra economia come quello tessile.Il Sistema Moda Italia (Smi), l’associazione di Confindustria più rappresentativa della filiera della moda, lo chiederà nei prossimi giorni al governo con il documento di politica industriale «(In)vestire in Italia - Il tessile-moda come risorsa rinnovabile per il Paese» che indica interventi a favore dei consumi delle famiglie e della competitività delle imprese.Per i consumi, da un lato Smi chiede «la deducibilità fiscale per le spese di abbigliamento per l’infanzia». In pratica, un aiuto significativo alle famiglie su una voce importante del normale bilancio familiare. Dall’altro «il recupero dell’abbigliamento usato come facilitazione per l’acquisto di capi nuovi», sull’esempio della rottamazione di beni durevoli, come auto e elettrodomestici. Per i vestiti, che già hanno un mercato dell’usato, legato per lo più a iniziative di beneficenza, si tratterebbe di agevolare la raccolta presso negozi o punti vendita in cambio di un buono per l’acquisto di capi nuovi. Il meccanismo dovrebbe prevedere un contributo del governo e il coinvolgimento del ministero degli Affari Esteri per la distribuzione degli abiti raccolti, anche tramite associazioni e organizzazioni che operano nella cooperazione internazionale.Tutti i dettagli su L’Eco di Bergamo del 22 ottobre(22/10/2008)

© RIPRODUZIONE RISERVATA