Tute blu Lombardia: 20mila licenziamenti
Fiom: stanno sparendo i metalmeccanici

In tre anni si sono persi 20 mila posti di lavoro nel settore metalmeccanico lombardo (considerando soltanto la grande e media industria). È l’allarme lanciato dalla Fiom Cgil Lombardia alla luce dell’analisi dei dati sui licenziamenti relativi al triennio 2012-2014.

Manca la cifra ufficiale relativa alla messa in mobilità del mese di dicembre 2014 - che si attesta comunque sulla media ponderata generale di quasi settecento esuberi mensili - tuttavia il quadro è a tinte fosche e non autorizza certo a previsioni rosee per il futuro.

Molti comparti industriali sono stati fortemente ridimensionati dalla recessione e rischiano di essere spazzati via dall’impatto devastante di una crisi che non ha fatto certo sconti per i distretti produttivi lombardi, con tutte le implicazioni del caso.

A farne le spese principalmente i settori del trasporto automotive, della produzione di elettrodomestici, quello informatico, che sta soffrendo le implicazioni di una crisi generalizzata di sistema, e il ramo siderurgico, che risente a vario titolo e in maniera diversificata delle incertezze del mercato.

A pagare tributi molto alti in termini occupazionali le province di Bergamo, Milano e la provincia di Monza e Brianza, tanto per fare degli esempi (la situazione generale è però estremamente drammatica nel suo complesso), che hanno risentito maggiormente di ondate di licenziamenti a pioggia con ricadute dirette sul loro tessuto socio-economico. Nella Bergamasca i licenziamenti nel settore metalmeccanico, secondo dati Fiom Cgil, sono cresciuti in maniera esponenziale: dal 6.75% nel 2012 (percentuale sul territorio lombardo) al 7.32% nel 2013.

«Questa situazione non va solo monitorata ma deve essere fermata» sottolinea Mirco Rota, segretario generale della Fiom Cgil Lombardia. «Basti pensare - precisa Rota - che siamo ancora molto a rischio perché ci sono ancora dei tavoli di crisi aperti sia in Regione, sia al Ministero dello Sviluppo Economico, che potrebbero far aggravare ancor di più questi dati».

«Bisogna allora fare qualcosa proprio a partire dalla Lombardia, dove si sta concentrando la crisi con particolare virulenza. Consideriamo molto utili i contratti di solidarietà, riteniamo però non siano sufficienti per fronteggiare questa condizione di grande emergenza da parte dell’industria tradizionale. Chiediamo pertanto vengano stanziate altre risorse per affrontare questa crisi di sistema”, aggiunge il segretario delle tute blu lombarde».

«Come Fiom - prosegue Rota - pur essendo all’inizio dell’anno abbiamo iniziato a sottoscrivere accordi che utilizzano nella sostanza i contratti di solidarietà, facendo ricorso anche alla legge regionale, una legge da noi fortemente voluta, in modo tale da colmare la riduzione dall’80 al 60% in due anni, decisa a livello nazionale, per offrire un sollievo ai tanti lavoratori colpiti dalla crisi».

«Riteniamo che in questa fase le importanti iniziative che hanno coinvolto diversi soggetti, dovrebbero concentrarsi più sul tema lavoro, perché solo attraverso il lavoro si può imbastire una ripresa produttiva, soprattutto perché nonostante i forti investimenti, come da noi previsto, la vicenda Expo non portrerà sicuramente a un risultato occupazionale duraturo e tale da invertire la tendenza. Ecco perché - conclude Rota - invitiamo a pensare a iniziative e investimenti capaci subito di rilanciare l’industria e di far ripartire le aziende che oggi fanno fatica nella nostra Regione. Non è sufficiente criticare l’iniziativa del Governo Renzi, ma occorre lanciare nuove proposte e misure per risollevare le sorti dell’industria lombarda, oggi al collasso».

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