Azienda italia,
promossa con riserva

Il Fondo monetario internazionale non è mai stato tenero nei confronti del nostro Paese. La revisione al rialzo delle stime macroeconomiche dell’Italia è dunque motivo di doppia soddisfazione. L’istituto di Washington prevede per il 2017 una crescita del nostro Prodotto interno lordo dell’1,3 per cento, ben mezzo punto in più rispetto alle previsioni dello scorso aprile. Il passo però sarà più lento nel 2018, quando la nostra economia, sempre secondo le stime dell’Fmi, crescerà dell’uno per cento (comunque lo 0,2 in più rispetto alle stime dell’aprile scorso). Tutto questo naturalmente fa ben sperare per la prossima manovra economica, come ha commentato giustamente il premier Gentiloni.

Se la crescita è maggiore, sarà maggiore anche il gettito fiscale e dunque si avranno più risorse a disposizione. Gentiloni parla anche di un possibile abbattimento del debito «significativo e importante». Staremo a vedere. Il risultato dell’Azienda Italia si inserisce in un rialzo generale di tutta l’economia europea (soprattutto Francia, Germania, Spagna e Italia, anche se la crescita italiana è quella più significativa). In controtendenza la prospettiva sul Regno Unito, per il quale l’aumento di Pil è stato rivisto al ribasso (meno 0,3 per cento) e tra gli economisti sono in molti a profetizzare che è solo l’inizio dopo l’uscita dall’Unione europea. Non dobbiamo dimenticare che dal marzo 2015 la Banca centrale europea sta pompando nel sistema dei Paesi dell’euro quantità impressionanti di liquidità e non ha ancora finito (il piano complessivo prevede 1.100 miliardi di euro).

Ma se allarghiamo lo sguardo oltreoceano, la frenata più brusca è quella degli Stati Uniti. Il nuovo presidente Trump si era presentato come «il più grande creatore di posti di lavoro che Dio abbia mandato sulla Terra», ma finora la sua promessa biblica è tutt’altro che avverata. Il Pil americano segna infatti una brusca frenata ed è stato rivisto al ribasso dal 2,3 per cento al 2,1 nel 2017 e dal 2,5 al 2,1 nel 2018. Le politiche di bilancio dell’amministrazione del nuovo inquilino della Casa Bianca – registra l’outlook dell’Fmi - si profilano meno espansive del previsto. «Anche le attese del mercato sullo stimolo fiscale si sono affievolite», ha osservato Maurice Obstfeld, capo economista del Fondo.

Intanto le potenze emergenti continuano a crescere a ritmi che noi occidentali nemmeno ci sogniamo. L’economia cinese cresce addirittura più del previsto, registrando un più 6,7 per cento nel 2017 e un più 6,4 nel 2018. Invariata la stima di crescita per la Russia a 1,4 per cento, sia per quest’anno sia per il prossimo. Invariate le stime per l’India a più 7,2 per cento quest’anno e più 7,7 per cento il prossimo.

In generale, la contrazione dell’economia mondiale è finita. Il Fondo monetario conferma le stime di aprile sull’aumento del Pil globale al 3,5 per cento quest’anno e al 3,6 per cento per il 2018. Dunque la ripresa dell’economia mondiale «resta sulla buona

strada» e «non c’è alcun dubbio che stia guadagnando slancio» anche se permangono rischi al ribasso nel medio termine. Il consiglio degli economisti di Washington è di andare avanti con le riforme, ed evitare ricette protezionistiche. Proprio come quelle proposte da Donald Trump, verrebbe da aggiungere (anche se il rapporto Obstfeld non lo dice espressamente). L’Italia è stata promossa perché «la situazione politica è cambiata». In effetti, il nostro Paese sta attraversando una fase di calma politica, si legge nel rapporto. Anche se la tempesta è sempre alle porte, con la possibilità di andare ad elezioni anticipate. L’impressione è che siamo sulla buona strada, ma è presto per parlare di ripartenza e soprattutto di risorse in grado di risolvere il principale dei problemi del Paese: la disoccupazione giovanile. Per i nostri problemi più strutturali ci vorrebbe uno slancio in più, un colpo di reni che ancora non c’è o forse semplicemente non ci possiamo permettere.

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