Banche e imprese
serve una svolta

La strada intrapresa in Europa per un sistema finanziario più stabile è finalmente giunta al termine, con risultati complessivamente positivi anche se poco visibili al grande pubblico. È stato creato un sistema di controllo per monitorare su scala mondiale l’andamento del rischio sistemico, il maggiore e il più pericoloso di tutti i rischi, ed è stato creato un sistema di vigilanza regolamentare che, nonostante qualche eccesso, introduce una disciplina molto più selettiva dei rischi finanziari. La Bce ha assunto la vigilanza sulle banche di maggiore dimensione, che dovrebbe assicurare uniformità di trattamento per tutti gli intermediari.

Una Autorità unica europea governerà il processo di risoluzione delle crisi di banche di ogni dimensione, evitando l’impiego di capitali pubblici. Agli eventuali fallimenti si dovrà for fronte con un fondo di garanzia e, quando non sufficiente, dovranno essere coinvolti nelle perdite dell’intermediario investitori ed azionisti.

Con le norme del Comitato di Basilea sono stati innalzati i requisiti di patrimonio delle banche per le loro attività a rischio e sono stati stabiliti requisiti minimi per evitare gravi crisi di liquidità. Dovremo, quindi, abituarci all’idea di una banca molto più oculata e parsimoniosa nella gestione dei rischi finanziari e di credito a causa del maggiore impegno di capitale necessario per farvi fronte.

Peraltro, le banche italiane sono state penalizzate da questa normativa che ha trattato nello stesso modo rischi di credito e rischi finanziari, certamente più pericolosi e presenti in larga misura nelle altre banche europee. Può dirsi, in ogni caso, che il nuovo sistema di vigilanza europea si è mosso nella prospettiva di avere banche più sicure in termini di capitale e di liquidità, capaci di fronteggiare i rischi sempre più complessi e a volte imprevedibili, derivanti da mercati ormai globali ma estremamente diversi tra di loro.

Sostanziali differenze, ad esempio, contraddistinguono l’area europea da quella statunitense. In quest’ultima, la leva finanziaria, come rapporto tra attivo e patrimonio netto, si è ridotta dal 2007 al 2014 da 25 a 11, mentre in Europa solo dal 26 al 21. Rispetto agli Usa, dove il mercato dei capitali è dominante, la più lenta riduzione della leva finanziaria in Europa è da mettere in relazione alla sua struttura «bancocentrica».

La maggior parte delle imprese, infatti, dipende ancora prevalentemente dalle banche per il credito operativo e ciò ha certamente acuito alcuni problemi nel corso della crisi. Un recente studio del Fondo monetario internazionale ha evidenziato che il problema principale per le banche europee sarà proprio quello di smaltire nei loro bilanci l’enorme ammontare dei «crediti deteriorati».

Si calcola che nel sistema europeo le «sofferenze» ammontino a 900 miliardi di euro, di cui 600 miliardi distribuiti in sei Paesi: Italia, Irlanda, Grecia, Cipro, Portogallo e Spagna. In Italia le sono valutate in circa 190 miliardi.

Una loro consistente riduzione in Europa ed in particolare nel nostro Paese, liberando il capitale impegnato, potrebbe consentire alle banche di aprire consistenti canali di credito alle imprese, rendendo più consistente l’attuale labile ripresa. Senza una efficace operazione di questo tipo, lo stesso sostegno monetario del «Quantitative easing» della Bce potrebbe rivelarsi insufficiente.

Non a caso, come recentemente dichiarato dal Premier Renzi in un incontro presso la Borsa Valori di Milano, il governo si sta attivando per ricercare una radicale soluzione del problema. Tra i vari provvedimenti allo studio vi è anche un progetto per la costituzione di una «bad bank di sistema» che dovrebbe essere dotata di un capitale di 3 miliardi di euro sottoscritto dalle banche, dallo Stato, dalla Cassa Depositi e Prestiti e dalla Banca d’Italia.

Il progetto sarebbe già al vaglio delle Autorità europee che tenderebbero, però, ad escludere il coinvolgimento diretto del governo in tale operazione . Va rimarcato, peraltro, che il nuovo scenario europeo che si è andato delineando per le banche, con gravosi impegni sul piano patrimoniale, avrà ricadute anche sulle imprese in termini di «ricapitalizzazione». Solo ad imprese patrimonialmente sane, infatti, sarà consentito un accesso rapido e soddisfacente al credito bancario.

Una maggiore solidità patrimoniale delle imprese in Europa ed in particolare nel nostro Paese, consentirà inoltre di realizzare una maggiore «diversificazione delle fonti di finanziamento», con uno spostamento graduale dalle banche al mercato dei capitali, seguendo una tendenza ormai consolidata nei mercati avanzati.

Va ricordato che in Italia la nuova normativa sulle obbligazioni (Dl 18/10 2012 n.179) mette anche le piccole e medie imprese, al pari delle quotate, in condizione di emettere obbligazioni con consistenti vantaggi fiscali.

In definitiva, banche e imprese hanno assoluto bisogno di uscire dalle vecchie pratiche finanziarie. Non farlo significa non aver compreso la direzione del cambiamento in atto in Europa.

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