Basta polemiche
Genova, ora i fatti

Ricordate l’accorato appello del governatore ligure Toti all’indomani del crollo del Ponte Morandi? «Fate presto». Riecheggiava il celeberrimo appello del Mattino di Napoli dopo il terremoto in Irpinia. E in effetti il governo aveva fatto presto a individuare il responsabile del crollo, prima ancora che scendesse in campo la magistratura: la Società Autostrade. Tutto chiaro dunque? Macché. Eravamo solo all’inizio di una partita di ping pong che sembra non finire mai. Qualcuno ha sentito parlare del famoso «Decreto Genova», di cui si sono perse le tracce da giorni?

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in coda alla conferenza stampa sul decreto Salvini che restringe le condizioni dei richiedenti asilo (quella sì che è un’emergenza, naturalmente), ha promesso che il decreto sul ponte crollato sarebbe arrivato al Quirinale per la firma del presidente Sergio Mattarella in poche ore. E invece non arriverà in così breve tempo. Forse domani, forse dopodomani, chissà.

Il guaio è che il provvedimento è approdato al ministero dell’Economia e della finanza del tutto privo di coperture finanziarie: con i puntini di sospensione al posto delle cifre (fill in the blanks, dicono gli inglesi). La Ragioneria dello Stato, prima di bollinarlo, ha dovuto quindi effettuare un supplemento di indagine alla ricerca dei finanziamenti necessari. Per non parlare della ridda di voci seguita al blocco del decreto: «È stato sbloccato, anzi no, lo stanno sbloccando, ma forse è ancora bloccato». E via un duro braccio di ferro tra governo e Ragioneria dello Stato, in attesa che il decreto passi al vaglio dei tecnici del Quirinale. Intanto i giorni passano e Genova è sempre lì, in ginocchio, spezzata, tagliata in due, sospesa sul vuoto.

Nel frattempo le valutazioni sul rischio crollo del Morandi lasciano davvero sconcertati. Pare che fosse evidente che il viadotto stesse per crollare. Lo sapevano tutti tranne i gestori e i manutentori, che hanno sottovalutato l’«inequivocabile segnale di allarme», e hanno «minimizzato o celato» la gravità della situazione al ministero delle Infrastrutture senza adottare «alcuna misura precauzionale a tutela dell’utenza». È quanto si legge nelle durissime conclusioni della relazione della commissione ispettiva del ministero, presieduta dall’ingegner Alfredo Principio Mortellaro, nominata dal ministro Danilo Toninelli subito dopo il crollo del 14 agosto.

Comunque a parole per il nuovo ponte era questione di mesi. Autostrade, aveva fatto sapere in un comunicato, lo avrebbe rifatto in otto mesi. Il governatore Toti lo voleva entro un anno. Peccato che l’Ordine degli architetti liguri abbia detto che solo per spostare le macerie occorreranno dodici mesi.

L’unica cosa che si è costruito finora è il solito stucchevole dibattito sulla nazionalizzazione della rete autostradale. Privatizzare? Non privatizzare? E il decreto? È stato per giorni un foglio bianco sventolato da Palazzo Chigi. Ora pare che sia un foglio scritto, ma con molte lacune. «Non ci sono ancora certezze sui numeri» come ha dichiarato Toti. Meglio prendersi qualche giorno in più. Poi l’ennesimo battibecco: «Cosa stia bloccando il decreto dovete chiederlo a Palazzo Chigi». In precedenza aveva detto: «Se continua così non basteranno nove anni per rifare il ponte».

Davanti a una tragedia nazionale si sta verificando quello che non volevamo proprio che si verificasse: una fiera degli annunci. E pensare che i genovesi avevano creduto nelle istituzioni, come dimostrano gli applausi ai rappresentanti di governo ai funerali delle vittime. Speriamo che non abbiano a ricredersi.

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