Contro la povertà
il reddito è attivo

Rappresenta una svolta importante la legge delega approvata ieri in via definitiva dal Senato che introduce il Reddito di inclusione attiva. Per la prima volta l’Italia si dota di una norma, ultimo Paese in Europa a farlo, per combattere la povertà assoluta. Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat, nel nostro Paese ci sono 1,6 milioni di famiglie in queste condizioni per un totale di 4,6 milioni di persone. Povertà assoluta significa vivere con un reddito sotto la soglia di 552 euro per un singolo che vive nel Sud, e di 819 per uno che invece vive in un grande centro del Nord; per i nuclei familiari di quattro persone la soglia è fissata rispettivamente tra 1.098 e 1.594 euro, sempre a seconda di dove si viva.

Il governo ha finanziato il provvedimento con 1,6 miliardi di euro, che permetteranno, secondo le previsioni, forse un po’ ottimistiche, fatte dal ministero del Lavoro, un intervento a favore di circa 400mila nuclei familiari per un totale di 1,6milioni di cittadini. La precedenza verrà data ai nuclei con minori, a donne incinta o a famiglie con disabili a carico. È una misura importante anche perché destinata a mettere ordine alle troppe misure che nel tempo si sono accumulate per venire incontro ai bisogni dei meno abbienti. Come infatti ha sottolineato il presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti, «in Italia esistono fino a 12 mila misure diverse di integrazione allo stipendio, alla pensione, sussidi comunali, regionali…». Ora il governo ha sei mesi di tempo per varare i decreti attuativi, ma come ha precisato il ministro Poletti, i tempi potrebbero essere più rapidi, perché si è scelto di raccogliere tutti i provvedimenti in un unico decreto. Del resto è inutile nascondersi che in un momento di grande incertezza politica, questo è un provvedimento che mette d’accordo tutte le forze della maggioranza e spunta, almeno in parte, una degli obiettivi più importanti del programma dei 5 Stelle.

Nel nome della legge approvata ieri c’è una parola chiave, che sarà decisiva nel decretarne la vera efficacia: è la parola «attiva». Il contributo sarà infatti vincolato non solo ad una condizione di povertà verificata, ma anche all’adesione ad un percorso che sempre Poletti ha voluto riassumere così: il destinatario dovrà avere «un comportamento responsabile, accompagnare i figli a scuola, seguire corsi di formazione ed accettare eventuali proposte di lavoro».

Quella parola «attiva» rappresenta però una «prova» non solo per chi riceverà questa forma di integrazione al reddito, ma anche per lo Stato e per quei soggetti che lo Stato chiamerà a rendere possibile questo percorso, in particolare le associazioni di Terzo Settore. La legge prevede l’assunzione di 600 unità di personale che avranno il compito, in collaborazione con i servizi sociali del territorio, di favorire il collocamento al lavoro delle persone più deboli. Non sarà un percorso semplice, perché come ha sottolineato uno dei più attenti osservatori delle dinamiche dei nuovi bisogni, Francesco Marsico, coordinatore dell’Alleanza contro le povertà, «i centri di ascolto segnalano in questi ultimi anni il rischio dell’intrappolamento, vale a dire persone che sono entrate dopo la crisi economica in condizioni di fatica sociale ed economica e che non riescono a uscire». Siamo di fronte a forme di povertà maligne perché deprivano gli individui di quelle energie essenziali per cercare di uscirne; è una povertà che riduce le capacità delle persone, e per questo alla fine le tiene in trappola.

Dar vita a percorsi in grado di liberare le persone da questa trappola sarà quindi la vera scommessa dalla quale dipenderà il successo o meno della nuova misura. Ma c’è un fattore che permette di esser ottimisti: il provvedimento è diventato realtà grazie alla mobilitazione di un fronte larghissimo di organizzazioni sociali (oltre 60) che si sono riunite nell’Alleanza contro le povertà; un fronte trasversale che non ha precedenti per ampiezza e per unità di intenti nella storia recente del nostro Paese. L’Alleanza non è solo una forza di pressione politica; è anche e soprattutto espressione di una presenza molecolare sui territori. Migliaia e migliaia di persone che già sono in prima linea nell’accompagnamento e nel sostegno a chi si trova in povertà assoluta. Loro sono la migliore garanzia perché l’inclusione diventi davvero «attiva».

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