Democrazia all’italiana
Attenti all’uso

Ad un ottimista per vocazione mediatica come Renzi dev’essere costato. Ammettere che la base è corruttibile è dura per un partito che fa della democrazia partecipata il suo credo. Sono loro, i democratici del Pd , che hanno inventato in Italia le primarie, al punto che anche i compagni francesi e tedeschi un pensiero l’avevano fatto anche loro. Poi Liguria e Campania hanno riportato tutti con i piedi per terra: infiltrazioni, brogli, truppe cammellate di extra comunitari chiamati alla bisogna. Insomma la democrazia dal basso si è rivelata molto italiana cioè appunto aperta all’intrallazzo.

A maggio ci sono le elezioni regionali in sette regioni e il Pd presenta come candidato in Campania il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca sul quale pende una condanna e quindi non potrebbe candidarsi. Ma ha vinto le primarie. La base, la mitica base ha votato l’uomo e non la norma. De Luca è un tipo che alle folle piace, parla chiaro e fa i fatti. Lavora su un territorio dove la malavita è l’unica organizzazione di massa che funziona e quindi è probabile che ne debba tener conto. Si vocifera di appoggi da parte di Cosentino, già sottosegretario all’Economia nell’ultimo governo Berlusconi, che deluso per essersi dovuto dimettere adesso, si dice, faccia il tifo per il candidato avversario del presidente in carica, il forzista Caldoro.

D’altra parte dal mondo Pd non sono poche le critiche all’esuberante De Luca. Un deputato democratico ha giù detto che lui non lo vota e il suo consenso andrà al candidato forzista. Il mondo alla rovescia affascina i territori. Del resto in Italia sono un milione coloro che campano di politica, più degli insegnanti, degli avvocati, dei commercialisti, degli infermieri e quindi devono orientare le vele verso il partito che vince. Ma poiché le appartenze politiche non hanno vincoli, se non quelle del potere, ecco che il fattore decisivo è il candidato. Da qui il diktat di Renzi: candidati puliti o il partito commissaria i circoli e sceglie chi deve presentarsi alle amministrative.

A Ercolano, sempre in Campania, i due vincenti alle primarie hanno dovuto dare le dimissioni perchè indagati per corruzione, così è toccato al terzo candidato, che però la base respinge e vuole il segretario del circolo, che, guarda caso, è finito in un’indagine della direzione distrettuale antimafia per procacciamento di iscritti vicini ai clan camorristici. Non conta la politica del territorio, decisivo è lo scambio a favore di categorie, di gruppi amicali o di singoli. E se il partito democratico si ostina ad offrire pulizia e per programma una buona politica non sono pochi quelli che voltano le spalle. Il candidato alle elezioni comunali di Enna, il democratico Vladimiro Crisafulli, non ha l’appoggio della direzione del partito ma non teme esclusioni. Se non lo candidano, fa una lista civica e vince a mani basse. «Io a Enna vinco pure con il sorteggio». Notabili che hanno in mano i voti perchè hanno una rete di relazioni in grado di procacciare favori. Insomma clientelismo. E non deve stupire che trionfi proprio quando la politica italiana sembra attraversata da venti di rinnovamento. È proprio quando i tempi cambiano che l’elettore ha paura. Le novità sono sempre una sorpresa e le società sono scosse da cambiamenti epocali, crisi economiche e sociali. Ogni società si chiude a riccio e punta sul collaudato. Vale per i francesi che ritrovano il mito della nazione, gli inglesi quello dell’insularità, i tedeschi quello dell’etica pubblica. Per una parte di italiani non poteva essere diverso:travolti dalla corruzione endemica si scoprono sudditi e si rifugiano nel voto di scambio come espressione identitaria.

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