Destra o sinistra
per Renzi è lo stesso

Parafrasando il dubbio retorico di Matteo Renzi sulle tasse di destra e di sinistra, ci piacerebbe porgli una domanda più difficile: il ceto medio è di destra o di sinistra? Domanda strettamente legata alla legge di stabilità, oggettivamente ispirata alle attese proprio del ceto medio: casa, libertà di contante, ammortamenti agevolati, agricoltura. Fine, in generale, dell’austerità montiana, che graffiava i possidenti fino ad infrangere il tabù della patrimoniale, e ottimismo sullo sviluppo della piccola impresa.

Il vero imbarazzo del centrodestra, che il ceto medio vorrebbe ancora rappresentarlo, sta dunque più qui che sulla questione simbolo della prima casa, cavallo di battaglia disarcionato, che gli lascia spazio solo sulla difesa della seconda (due miliardi che ballano?). Ma le cose sono in realtà ancor più complicate, perché bisognerebbe chiedersi innanzitutto cosa è, oggi, il ceto medio. Secondo l’Ocse, a livello mondiale, nel 2030 ne faranno parte 5 miliardi di persone e anche in Italia è già cresciuto a tal punto che forse non c’è più, come le mezze stagioni. Si è allargato lasciando fuori solo la crescente povertà grave, vecchia e nuova, e la ricchezza (1%), quella dei castelli e delle ville, che infatti, contrordine, l’Imu poi la pagheranno. E allora il ceto medio assomiglia molto al potenziale «partito della nazione», che è l’araba fenice dell’attuale stagione politica: che vi sia ciascun lo dice, ma dove sia lo sa solo il presidente del Consiglio, che lo cura più di quanto non curi lo stesso Pd nel suo essere a fatica opportunisticamente renziano al centro e largamente non renziano in periferia (o solo pontiere verso Renzi, come i principali vertici del Pd bergamasco).

Per questi motivi generali, la manovra spiazza politicamente le antitesi principali del segretario Pd: la sua minoranza e la sua forse ex opposizione del centrodestra. Poi, per non sbagliarsi, dà un colpettino polemico anche all’Europa, giusto per assorbire l’opportunismo antieuropeo di Salvini. Resta Grillo, che i sondaggi continuano a premiare, ma si sa, lui parla solo di scontrini, come Marino. Per mettere un po’ di ordine, forse bisognerebbe soffermarsi sui veri punti critici della legge di stabilità, che a ben guardare sono intimamente coerenti. La manovra è infatti in deficit, sfrutta i decimali rovesciando sul debito oltre 14miliardi, e cerca quindi di far dimenticare i vincoli del fiscal compact, che a nessuno piace ricordare, neppure al neoleghista Tremonti che lo firmò.

Dimenticanze e omissioni sono del resto tipiche delle leggi finanziarie. I numeri messi lì a primavera per la spending review si sono rimpiccioliti (da 10 a 5,8 miliardi), di privatizzazioni si parla poco o nulla. E si parla poco anche di cose più concrete ma lasciate, quasi per scaramanzia, in ombra. Ad esempio, le cifre della crescita sottostimate (di solito si faceva il contrario) e che infatti se sono sotto l’1% dipendono solo dai ben noti fattori esogeni (dollaro, Draghi, petrolio, Expo). Se saranno sopra verranno enfatizzate. Altra incognita che potrebbe essere più benefica del preventivo: i proventi della legge Sanga, dal nome del suo relatore, sul rientro dei capitali. Infine ancora gli ulteriori allentamenti che ci si aspetta dall’Europa, come il bonus gestione dell’immigrazione (ma il Ppe di Merkel, Juncker e… Berlusconi è contrario).

Questa Finanziaria per il ceto medio è insomma anch’essa una via di mezzo, perché non si può accontentare tutti. Ad esempio, il tradizionale elettorato della ditta di centrosinistra – impiego pubblico e pensionati – non ricava un granché. Pochi spiccioli per il contratto dei primi e niente 80 euro per i secondi.

Per rispondere alla domanda da cui siamo partiti, bisogna allora riconoscere che il ceto medio si è segmentato ed è diventato più di sinistra per condizione sociale, spostando i sottogruppi di cui è composto sopra e sotto la linea del benessere. Una volta, ceto medio significava star abbastanza bene ma non troppo, oggi significa star abbastanza male ma non troppo. In questo senso, le politiche tradizionalmente di destra possono essere esportabili a sinistra. Tutto cambia, e il cinico Renzi sembra talvolta l’unico a saperlo.

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