Divorziati e risposati
Il Vangelo non cambia

Quattro cardinali hanno chiesto al Papa di chiarire alcuni dubbi riguardanti l’interpretazione dell’esortazione Amoris Laetitia sul matrimonio e la famiglia. I dubbi riguardano alcuni passaggi dell’8° capitolo dove si parla di conviventi, matrimoni civili e divorziati risposati. Pur trattandosi di situazioni diverse tra loro, Francesco dice che nei loro confronti deve prevalere la logica dell’integrazione nella vita della Chiesa, rispetto all’emarginazione, perché la misericordia di Dio è offerta a tutti e «nessuno può essere condannato per sempre».

La via da percorrere per reintegrare queste persone è quella del discernimento in foro interno cioè attraverso un colloquio personale con un prete, dove decidere quali passi fare per una più piena partecipazione alla vita della comunità cristiana. Per raggiungere questo scopo «in certi casi ci potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti» si dice alla nota 351. La prima domanda dei cardinali è se con queste parole si stia concedendo in modo generalizzato ai divorziati risposati di ricevere i sacramenti della penitenza e della comunione. In realtà Giovanni Paolo II aveva già ammesso questa possibilità purché la coppia si astenesse «dagli atti propri degli sposi» (Familiaris Consortio 84). Questa rinuncia ai rapporti sessuali, serviva a testimoniare la fedeltà alla prima unione ancora valida, perché frutto del sacramento del matrimonio. Ora questa condizione, per altro molto impegnativa per due persone che si amano, non viene più posta. Nondimeno però si chiede di intraprendere un serio cammino di conversione e pentimento dove riconoscere le proprie responsabilità nel fallimento del primo matrimonio e i comportamenti avuti nei confronti dei figli e dell’ex coniuge, giungendo fino a concedere il perdono. Pertanto anche chi si trova in una situazione cosiddetta «irregolare» può presentarsi al confessore per verificare il suo progresso nella vita cristiana, così come è chiesto di fare a tutti i fedeli almeno una volta l’anno. Sarà poi il confessore a giudicare, se lo ritiene possibile, assolvere dall’aver contratto seconde nozze o dall’aver sposato una persona divorziata. Ma come deve avvenire l’accompagnamento, il discernimento e l’accesso ai sacramenti è tuttora in fase di studio da parte delle diocesi e delle Conferenze episcopali.

Una seconda questione riguarda l’adulterio. Chi si risposa civilmente contrae un nuovo legame coniugale pur senza aver sciolto il precedente vincolo sacramentale. In questo modo commette adulterio nei confronti del primo coniuge. I cardinali si chiedono se coloro che sono in questa situazione siano in peccato grave abituale poiché hanno violato un comandamento di Dio. Al tempo di Gesù l’adulterio veniva punito con la lapidazione, ma quando di fronte a una donna sorpresa in adulterio, Gesù chiede a chi è senza peccato di scagliare la prima pietra, tutti depongono le pietre e se ne vanno. Con queste parole Gesù non ha inteso abolire la legge che proibisce l’adulterio, piuttosto non vuole che essa divenga uno strumento di morte, nemmeno per chi ha peccato gravemente. Siamo proprio sicuri che Gesù considererebbe adultere persone che vivono un amore fedele da trent’anni e che hanno allevato i loro figli meglio che hanno potuto e ciò per il solo motivo che uno dei due ha sperimentato il fallimento del matrimonio celebrato in Chiesa? Forse queste persone non andrebbero giudicate dalla situazione in cui si trovano rispetto a una norma, ma partendo da ciò che stanno vivendo: una seconda vita coniugale reale e bella, con le gioie e le sue pene. Si sono risposate e hanno formato una famiglia, senza per questo voler negare il valore dell’indissolubilità del matrimonio, ma anzi riprendendo un cammino più maturo verso di esso.

Papa Francesco invita ad avere uno sguardo positivo sulle nuove nozze e benevolo sulle persone perché ognuno integra gradualmente i doni di Dio nella propria vita. Piuttosto ciascuno si deve chiedere in coscienza quale sia «la risposta più generosa che può offrire a Dio» e impegnarsi a viverla. Quanto viene detto nell’Amoris Laetitia è in continuità con quanto insegnato da Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio perché si insiste giustamente su punti di riferimento obiettivi necessari alla vita morale, quali la fedeltà e l’indissolubilità, senza però trascurare la dimensione biografica dell’esistenza e le condizioni specifiche di ogni percorso personale, elementi ai quali siamo tutti molto sensibili e che fanno parte delle condizioni odierne di recepimento dell’insegnamento della Chiesa. «Il Vangelo – come disse Papa Giovanni - non è cambiato, siamo noi che iniziamo a comprenderlo meglio».

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