Draghi prende
l’Europa per mano

Le decisioni assunte a stragrande maggioranza dalla Bce nella riunione del 10 marzo hanno contenuti fortemente innovativi e delineano, ancora una volta, l’importante ruolo di guida assunto da Mario Draghi in Europa. Per stimolare la crescita e ricacciare indietro la minaccia della deflazione, la Bce, che negli ultimi dodici mesi ha acquistato titoli nell’area Euro per 60 miliardi, lo farà da aprile per 80. Si configura, così, una colossale operazione di creazione di moneta da 1.750 miliardi di euro, proporzionalmente maggiore di quella realizzata dalla Federal Reserve. Inoltre, scende di altri 10 punti base, a -0,40%, il tasso di interesse sui depositi presso la Bce.

Ne consegue che la stessa si rende disponibile a pagare le Banche, se queste accettano di acquistare la sua liquidità per prestarla a famiglie e imprese. Non solo: la Banca Centrale si rende disponibile, per la prima volta, ad acquistare obbligazioni emesse da imprese non bancarie, a patto che le stesse abbiano un rating adeguato. Durante la conferenza stampa a Francoforte per spiegare le nuove misure adottate, Mario Draghi ha tenuto testa alle critiche avanzate da autorevoli esponenti bancari e finanziari tedeschi, alcuni dei quali (Sparkasse) hanno giudicato gli ultimi interventi come «una nuova dose di veleno per l’economia». Draghi, al contrario, ha sostenuto che le nuove misure sono la naturale prosecuzione di quelle già avviate in passato, senza le quali «ci ritroveremmo con una disastrosa deflazione».

In buona sostanza, anche assumendosi un ruolo che va al di là di quello normalmente assegnato ad un banchiere centrale, il presidente della Bce offre una ricetta alta e seria per affrontare i problemi che si profilano per l’Europa a causa dei tanti nodi politici non risolti, che determinano condizioni di svantaggio di fronte a nuovi importanti competitori internazionali. Suo intendimento è quello di mettere mano con più risolutezza e unità d’azione a quei nodi rappresentati dalle persistenti difficoltà economiche di molte aree meridionali, determinate anche dalla difficoltà europea a progredire come entità politica. In questa direzione va anche la sua recente proposta di istituire un nuovo potere – il più importante per qualunque istituzione politica nazionale o sovranazionale – ossia quello di affidare le politiche del Tesoro della eurozona a un Ministro concordato tra i Paesi facenti parte della stessa area. Ciò dovrebbe realizzarsi attraverso la cessione di sovranità sul Tesoro solo da parte dei 19 Paesi che rappresentano lo zoccolo duro dell’Unione, recuperando, nello stesso tempo, l’errore commesso in passato con il velleitario allargamento dell’Europa a 28 Stati.

Decidere di darsi una sola entità di bilancio significa mettere mano alla possibilità di realizzare politiche fiscali ed economiche comuni, che rappresenterebbero un significativo balzo in avanti verso l’Europa politica. È questa la sola soluzione in grado di proiettare il Vecchio Continente verso quelle dimensioni unitarie necessarie per contare nello scenario politico mondiale, per progettare grandi opere per la sicurezza e per governare i futuri esodi di massa da Paesi poveri o in guerra. Anche molti euroscettici finirebbero con il fornire il loro contributo costruttivo, di fronte ad un’Europa che si avviasse a riprendere il proprio ruolo guida sul piano culturale e ritornasse a rappresentare una grande realtà non solo economica, ma anche politica e democratica. Tutto ciò passa attraverso il ridimensionamento del ruolo egemone fino ad oggi assunto dalla Germania, che è testimoniato anche dalle feroci critiche avanzate alle ultime decisioni assunte dalla Bce.

Non va dimenticato, però, che i trattati assegnano alla Banca Centrale una totale autonomia da qualunque potere politico e che tra i suoi compiti – oltre quello di politica monetaria notevolmente valorizzato da Draghi – vi è anche quello di vigilanza sulle 120 banche più importanti d’Europa, derivante dall’attuazione dell’Unione Bancaria Europea.

Il sistema economico europeo, come noto, è tradizionalmente «bancocentrico» e avere il potere d’intervenire sulle gestioni delle banche non è di poco conto, specie quando grandi banche, come accade oggi anche in Germania, mostrano palesi difficoltà.

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