Emergenza migranti
Ricetta tedesca

Il ministro tedesco per la cooperazione Gerd Müller è appena tornato da un giro che farebbe la gioia degli amanti del safari. È stato in Niger, in Ruanda nel cuore dell’Africa. Di esotico però il suo viaggio ha ben poco. È durato a lungo, questo sì, ma per necessità. Occuparsi di quelle regioni che il colonialismo ha trasformato in luogo di caccia e diletto per gli annoiati europei è diventata una priorità se non la priorità assoluta dell’Europa. Molti Stati non l’hanno capito; alcuni, tra i quali l’Italia, lo sanno ma sono sommersi dall’emergenza quotidiana. Non riescono ad andare oltre la gestione del presente. L’arrivo costante di migliaia di persone bisognose di aiuto richiede impegno e dedizione. Duecentomila migranti in attesa di arrivare in Europa sono un problema umanitario e al contempo politico. In Germania l’emergenza è stata tamponata grazie agli accordi con la Turchia e la chiusura delle frontiere.

Rimane il dubbio però che possa ricominciare il flusso migratorio se il presidente turco Erdogan dovesse mettersi di traverso. A settembre si vota nel Land Meclemburgo-Pomerania anteriore e poi a Berlino e i sondaggi danno una possibile coalizione formata dai socialdemocratici, dalla Linke, erede della Sed, partito comunista della Ddr e i Verdi per vincente.

Sarebbe l’inizio della fine della grande coalizione perchè dopo le elezioni politiche di settembre 2017 la Cdu di Angela Merkel non potrebbe più contare sull’ aiuto della Spd. I cristiano democratici da soli non riescono ad avere un numero sufficiente di voti per formare un governo in proprio. E il motivo maggiore è che molti elettori disperdono il voto moderato a favore degli estremisti xenofobi della AfD (Alternativa per la Germania). Merkel lo sa e ha spedito il suo ministro in ricognizione. L’obiettivo è affrontare il fenomeno migratorio in una prospettiva strategica e sottrarlo all’emergenza dell’ultima ora. Fare sistema è la parola d’ordine. Verificare sul posto le condizioni in cui si trovano Paesi del centro Africa come il Niger dal quale parte l’ondata dei migranti verso il deserto libico con l’Europa nel cuore.

L’emergenza migranti consta di tre fasi: la prima, immediata di aiuto e di integrazione, poi una fase intermedia di rilevazione dati e di stipulazione accordi con i Paesi interessati ed infine una a lungo termine con un programma di investimenti per rilanciare le economie locali. Per i prossimi trent’anni si calcola che la popolazione africana raddoppi e giunga ai due miliardi. Questo vuol dire che i giovani disoccupati si conteranno a centinaia di milioni. La stragrande maggioranza vuole restare nei propri Paesi ma deve avere delle opportunità di lavoro.

È quindi giunto il tempo, ragionano a Berlino, di porre riparo ai guasti della dominazione europea, di risarcire, anche se solo in parte, i danni causati e le spoliazioni perpetrate. La Germania dovrebbe spendere otto miliardi per raggiungere lo standard di aiuti previsti dagli accordi internazionali. Non lo fa perchè chiede di avviare un progetto comune europeo sul modello del Piano Marshall avviato dagli Stati Uniti per l’Europa nell’immediato dopo guerra. Bisogna in primo luogo stabilizzare le regioni in crisi. In Tunisia che ha una politica di lotta all’estremismo sono già 250 le imprese tedesche attive. Il bacino mediterraneo è strategico sul piano politico. Per Berlino Paesi come Marocco, Algeria, Egitto vanno coinvolti in un progetto che vede il Mediterraneo come un’area economica comune. La Germania gode del privilegio di un’economia forte e si sta muovendo. Sta anche mettendo il naso in un’area che è di competenza dell’Italia, ma questo è il prezzo da pagare quando si è deboli economicamente.

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