Grazie olimpiadi,
fiume di emozioni

Quante storie abbiamo visto scorrere nella Rio de Agosto, come l’avrebbero chiamata Amerigo Vespucci e gli esploratori portoghesi guidati da Gaspar de Lemos se fossero approdati nella Baia de Guanabara sotto questo cielo anziché a gennaio. Le Olimpiadi sono un calderone in cui ribolle la vita, perché dentro lo sport palpitano le emozioni e si consumano lavoro e sacrifici, vicende umane a volte sorprendenti, perché attorno allo sport e in nome dello sport si muove la politica, si abbracciano e talora, pure se non dovrebbero, si scontrano le nazioni.

Tutto quello che succede lì, dove ogni quattro anni si dà appuntamento il meglio dell’agonismo mondiale in tutte le sue espressioni, viene amplificato, finisce per scandire in qualche modo le nostre giornate, perché non solo in tv, ma al lavoro o sotto l’ombrellone, al bar o sui social per due settimane se ne parla eccome. Inondati dal fiume mediatico, anche i più insospettabili menefreghisti dicono la loro. Tutti opinionisti, poi fa niente se non capiamo dov’è il punto in una mossa di lotta o ci incartiamo perché il badminton con quel nome da gioco di società ci aveva sviato per qualche istante mentre «potevano dirmelo subito che è il volano, ci giocavo sulla spiaggia di Igea Marina da bambino».

Dovendo collegarci col Brasile (cinque ore di fuso orario più in là), non paghi dell’indigestione diurna, abbiamo accorciato le notti. Più che magiche, fantozzianamente tragiche quando, dopo ore di strenua resistenza all’abbiocco, siamo crollati quei pochi secondi che bastavano per riaprire gli occhi e vedere Bolt che festeggiava a ritmo di samba lo sprint ormai bello che corso e stravinto. Proprio lui, il giamaicano Usain Bolt, campione imbattibile e personaggio, il connubio perfetto che consegna all’immortalità. Bolt, icona dei Giochi da tre edizioni, probabilmente più di quel Michael Phelps missile dell’acqua che a colpi di bracciate a stelle e strisce prova a contendergli la popolarità. Mostri del loro calibro tengono altissima la cifra e la credibilità di una manifestazione che nel suo rovescio e in virtù della sua dimensione epica (la sua natura) dà spazio anche alla gloria delle «meteore» di un giorno. È il sistema spietato della celebrità che le classifica così, in realtà dietro i loro successi c’è talento, impegno, fatica, come si conviene a tutti coloro capaci di salire sul podio. Presto dimenticheremo la judoka Majlinda Kelmendi o il lanciatore di martello Dishod Nazarov, eppure sono già nella storia: prime medaglie d’oro di Kosovo e Tagikistan, a casa loro gli dedicheranno un monumento.

A casa nostra un monumento di elogi lo stiamo costruendo ai medagliati azzurri, a cominciare da Gregorio Paltrinieri che dopo aver fatto il vuoto nei 1.500 stile libero nuota verso il record del mondo (gliel’ha pronosticato anche sua maestà Phelps). Elia Viviani ci ha commosso e inorgoglito perché finalmente ci ha esaltato nel ciclismo (su pista, specialità omnium), disciplina che da noi è leggenda e un italiano sul podio il cuore lo pretende indipendentemente dalla forza degli avversari. Grazie all’argento delle emozionanti ragazze della pallanuoto anche a Bergamo cantiamo «La vie en rose» e «un’immensa felicità», perché in quella magnifica formazione il secondo portiere è Laura Teani da Stezzano. Restando agli sport di squadra, oggi tifiamo per un oro da impazzire che potrebbero regalarci i martelli della pallavolo maschile dopo aver attentato alle nostre coronarie nella semifinale con gli Stati Uniti, una delle più belle partite a memoria di volley. Sarebbe il botto finale di un’Olimpiade azzurra che ha già superato Londra 2012 e Pechino 2008 per valore delle medaglie (per ora 8 ori, 11 argenti e 7 bronzi). La nota stonata è l’eliminazione, pesante nelle sconfitte, delle nostre pallavoliste, tanto più che Bergamo è un serbatoio importante cui attinge la Nazionale femminile. Ma il ct Marco Bonitta ha dichiarato che non ha rimorsi né rimpianti, «rifarei tutto uguale».

Chi non ha fatto cilecca sono i fucilieri del tiro a segno e del tiro a volo, Niccolò Campriani su tutti (doppio oro). In totale 4 ori e 3 argenti. Siamo un Paese di cecchini ma lo scopriamo ogni quattro anni perché dei fucili abitualmente ci accorgiamo quando apre la stagione della caccia. Non possiamo liquidare con un applauso l’oro di Fabio Basile nel judo, perché dietro quel successo c’è la mano del suo allenatore Paolo Bianchessi da Osio Sotto. E si salverà dall’oblio il sorriso di Tania Cagnotto, non tanto per l’argento in coppia con Francesca Dallapè nei 3 metri sincro quanto per il podio (di bronzo) finalmente conquistato nel trampolino individuale da 3 metri, degno coronamento di una carriera giunta al passo di addio. Ma «qualcosa muore dentro me» e si è spenta la luce sul volto di Federica Pellegrini, la nostra stella, non l’affetto degli italiani che si è moltiplicato nel vederla in lacrime, avvilita per il podio mancato nei «suoi» 200 stile libero nonostante una preparazione scrupolosa. Perdonatissima dopo anni di trionfi che ci hanno riempito di fierezza.

Medaglia d’oro della personalità a Elisa Di Francisca (argento nel fioretto): ha sventolato la bandiera dell’Unione europea, «per Parigi, per Bruxelles», contro la follia fanatica e infame dell’Isis. E non è stata l’unica cartolina di fratellanza speditaci da Rio. Medaglia d’oro del fair play alla neozelandese Nikki Hamblin e alla statunitense Abbey D’Agostino, che si sono sorrette a vicenda nei 5.000 metri di atletica. Maglia nera al judoka egiziano Islam El Shehaby che si è rifiutato di stringere la mano all’israeliano Or Sasson ed è stato espulso da Rio: ben gli sta. Egitto al centro delle polemiche anche per il burkini indossato dalle beach girls del volley da spiaggia, ma qui si è diviso il mondo. In castigo i quattro nuotatori statunitensi che si sono inventati una rapina ai propri danni mentre i danni li avevano fatti loro in un distributore di benzina. Smascherati, hanno almeno chiesto scusa. Nella vetrina dei sentimenti olimpici non sono mancate le proposte di matrimonio: quella plateale del tuffatore cinese Qin Kai e quella della marciatrice italiana Antonella Palmisano.

Ma tutto scorre, adesso cala il sipario e il fiume d’agosto confluisce nel fiume di settembre che significa soprattutto calcio. È iniziato il campionato, stasera c’è l’Atalanta, confidiamo in uno scatto olimpico.

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