I pugni sul tavolo
di Renzi in Europa

L’aveva annunciato e lo ha fatto. Matteo Renzi non ha esitato a mettere il veto (tecnicamente una «riserva») sul bilancio pluriennale dell’Unione europea: per approvarne la revisione serve l’unanimità, e se un Paese si impunta si ricomincia da capo. L’Italia ha tutta l’intenzione di bloccare la discussione fino a quando verrà elaborata una nuova proposta da parte della Commissione con più risorse a favore delle politiche di sviluppo, dell’immigrazione, a favore dei giovani e della ricerca.

La decisione di Roma arriva nel bel mezzo della complessa procedura di revisione del bilancio che ha già visto contrapposti Parlamento e governi sugli stanziamenti per i prossimi anni. Dopo che il sottosegretario Gozi a Bruxelles aveva dato l’annuncio della riserva italiana, Matteo Renzi ha rilasciato un commento particolarmente aspro: «Non permetteremo che coi nostri soldi altri costruiscano i muri».

Naturalmente l’allusione è all’Ungheria e agli altri Paesi dell’Est che si collocano all’esatto opposto della nostra politica migratoria: mentre noi chiediamo aiuto per non essere lasciati soli ad affrontare l’emergenza nel Mediterraneo, i governi para-xenofobi ex comunisti sigillano le frontiere e rifiutano di accogliere la loro quota di rifugiati. E il riferimento che il premier fa ai «nostri soldi» è dovuto al fatto che l’Italia è, come si dice, un contributore netto della Ue, cioè versa alle casse comuni più di quanto riceva.

Come va giudicato questo atto della nostra diplomazia europea? Come un atto di forza, naturalmente. Come un pugno sul tavolo. Come una nuova puntata della polemica che Roma ha innescato con Bruxelles sulla politica economica. Ma soprattutto come un atto strumentale, cioè finalizzato ad ottenere un via libera ampio alla nostra manovra di Bilancio che tante perplessità ha suscitato a Bruxelles.

La circostanza singolare è che questo pugno viene battuto nel momento in cui da Palais Berlaymont sono arrivate due notizie positive per noi: la prima è che la manovra economica italiana verrà promossa con riserva dalla Commissione e che il giudizio definitivo arriverà solo ad inizio 2017, cioè dopo il referendum.

Seconda notizia, lo staff di Junker ha elaborato un documento in cui la politica comunitaria fa un ulteriore passo per allontanarsi dalla austerità di marca tedesca, insiste sulla necessità della crescita e della flessibilità dei conti e nello stesso tempo tira le orecchie proprio alla Germania chiedendo di consumare di più e di mettere in circolo il suo enorme surplus. Di fronte a queste due notizie, entrambe positive per l’Italia, Roma decide di porre il veto sul bilancio pluriennale e di armarsi su un piano di contestazione e di polemica. Evidentemente nelle trattative con la Commissione manca qualcosa per soddisfare palazzo Chigi e Matteo Renzi ha deciso di prendere in ostaggio il bilancio dell’Unione per raggiungere i suoi obiettivi.

Quello della riserva sui conti comunitari non è un atto isolato (già Monti lo fece) ma questa volta avviene in un clima acceso e di contrapposizione, e non sono pochi a ritenere che Renzi alzi un po’ troppo i toni fino a rischiare di fare una mossa controproducente. Però non bisogna dimenticare che il premier è in campagna elettorale e la contestazione contro Bruxelles, i suoi tecnocrati e i suoi vincoli è sempre molto gradita all’elettorato.

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