Il Family day
Un segnale dal Paese

È stato un evidente successo il Family day di ieri. E lo è stato non tanto per i numeri, sui quali si possono fare le solite schermaglie. Lo è stato soprattutto per la spontaneità della convocazione. Le immagini di ieri al Circo Massimo parlavano in modo limpido: tante persone sotto il cielo non troppo rassicurante di Roma, con poche sigle e pochi striscioni di appartenenza. Insomma è stata una manifestazione più di persone che di organizzazioni. È un aspetto importante, da mettere in rilievo.

Perché significa che questo Family day ha risposto al sentimento di tanti; è stata insomma una manifestazione nata davvero da una spinta dal basso, dove invece istituzioni e organizzazioni hanno fatto da testimoni o da «sostenitori» esterni. Si tratta di un dato che dà ancor più peso non solo testimoniale ma anche politico al Family day. Tante persone che si sono mosse di loro iniziativa, sono come un segnale che viene dal Paese profondo nei confronti della politica e del potere. Dopo ieri diventa più difficile liquidarlo come visione di una parte, perché la sensazione è che quella parte sta rappresentando un sentimento molto più diffuso e molto più trasversale.

Non a caso il palco molto semplice e spartano del Circo Massimo era dominato da un solo gigantesco slogan: «Vietato rottamare la famiglia», con evidente riferimento all’aggettivo che ha qualificato l’esordio politico del premier Matteo Renzi: rottamatore. Quel Renzi che nel primo Family day del 2007 (quello contro i Dico del governo Prodi) era sceso in piazza e che oggi invece si ritrova dall’altra parte, a difendere il testo del Ddl Cirinnà.

A Renzi, che si è ritrovato ovviamente destinatario di striscioni e slogan, va comunque attribuito un merito, di aver lasciato libertà di coscienza sul voto del passaggio più delicato e discusso di questa legge: quello della stepchild adoption (una questione, sia detto per inciso, di cui si sta parlando come si trattasse di cosa decisiva per il destino del Paese, ma che riguarda poco più di 500 casi…). La libertà di coscienza di deputati e senatori è uno spazio in cui le immagini del Circo Massimo e le richieste che sono state espresse avranno possibilità di agire. Difficile per un rappresentante del popolo chiudere gli occhi e non tener conto di ciò che la piazza ieri ha richiesto, in modo per altro molto civile ma fermo. «Vedremo chi ci aiuta e chi no», ha infatti detto a conclusione della manifestazione Massimo Gandolfini, il medico bresciano, portavoce del comitato che ha lanciato il Family day.

In realtà ieri non sono stati offerti molti spazi di mediazione. Il rifiuto del Ddl Cirinnà è apparso radicale, e non solo relativo ad alcuni articoli controversi. La filosofia contestata «senza se e senza ma» (uno slogan che ricorreva moltissimo ieri sui cartelli), è quella che avvicina in modo molto discutibile l’unione tra persone dello stesso sesso e il matrimonio. La Cirinnà, infatti, com’è noto, introduce (seguendo il modello tedesco) ex novo nell’ordinamento l’unione civile come «unione delle persone dello stesso sesso»; mentre in un altro articolo regola le cosiddette «coppie di fatto» alle quali viene data la possibilità di stipulare dei contratti di convivenza. Questa distinzione finisce con l’accentuare alcuni aspetti delle unioni civili, rendendole molto simili al matrimonio: addirittura è indicato il divieto di unirsi tra parenti, come se anche nelle unioni tra persone dello stesso sesso potessero subentrare questioni rispetto alla salute procreativa…

La realtà è che tutto il dibattito sul Ddl Cirinnà è stato viziato da apriori ideologici che hanno alla fine fatto sì che a delle legittime esigenze (come quelle di persone che volendosi bene e vivendo insieme vogliono condividere diritti e doveri reciproci) si sia risposto con una brutta legge, alla fine anche ghettizzante.

«Non siamo qui per fare la guerra a nessuno», ha detto sempre Massimo Gandolfini ieri dal palco del Circo Massimo. Per cui al netto di certe prese di posizioni stupidamente offensive contro le persone omosessuali, si può dire che la piazza di ieri abbia lavorato nella direzione di un maggior buon senso che alla fine si traduce in un bene per tutti. Almeno questo è l’augurio, aldilà dei disegni dei soliti soloni mediatici che soffiano sempre sul fuoco di potenziali guerre civili.

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