Il governo può saltare
sulla mina «ius soli»

Il prossimo Consiglio dei ministri, tra lunedì e martedì dovrebbe autorizzare la richiesta del voto di fiducia al Senato sul disegno di legge noto come «Ius soli», quello cioè che consente l’ottenimento della cittadinanza italiana ai ragazzi di origine straniera nati e cresciuti nel nostro Paese. Una richiesta che sta creando non pochi mal di pancia all’interno della maggioranza. Da notare che il sì del Senato, se arrivasse, sarebbe definitivo. Ecco perché una richiesta ultimativa come quella della fiducia su un atto tanto significativo come quello dello ius soli crea tensione politica: perché quel provvedimento a parecchi della maggioranza non piace nel merito, e soprattutto, a moltissimi, appare come controproducente alla fine della legislatura, alla vigilia delle elezioni politiche, e nel pieno dell’emergenza sbarchi (il ddl avrebbe un consenso elettorale, stando ai sondaggi, pari ad un misero 27 per cento).

Senza contare che, se diventasse legge, lo ius soli sarebbe oggetto immediatamente di una raccolta di firme per il referendum abrogativo: la Lega lo ha già annunciato ed è ovvio che ci farebbe sopra tutta la campagna elettorale raccogliendo abbondanti messi di voti di elettori allarmati per i continui sbarchi sulle nostre coste. Contro la fiducia si schierano i centristi della maggioranza: anche se Angelino Alfano avrebbe dato il proprio assenso alla intenzione del premier Gentiloni – che considera lo ius soli un impegno imprescindibile del suo governo e della legislatura – in molti dentro Ap sono contrari. Anzi il ministro della Famiglia Costa ha dichiarato di essere pronto, in caso di fiducia, alle dimissioni dal governo e il capogruppo Lupi è prontissimo alla battaglia parlamentare, costi quel che costi. Che succederà? Al Senato i voti sono quelli che sono e senza i centristi ci sarebbero dei seri problemi a far passare il disegno di legge, anche perché è escluso che in questo caso Forza Italia potrebbe dare un suo sostegno discreto, del tipo l’uscita dei senatori dall’aula, come è accaduto in altre occasioni.

Insomma, il rischio che il governo sta correndo è alto. Ma, domanda maliziosa: siamo proprio certi che Matteo Renzi sarebbe dispiaciuto se ci fosse un incidente d’aula capace di far cadere Gentiloni e aprire la strada alle elezioni anticipate in autunno (sempre che Mattarella non si opponga, beninteso)? L’insistenza con cui Renzi chiede un voto immediato e positivo sullo ius soli dicendo che «da solo vale una legislatura», nonostante i rischi elettorali che farebbe correre ad un Pd già in forte difficoltà, fa sorgere più di un sospetto. È per questo che il partito «del non voto» starebbe lavorando per trovare un escamotage parlamentare tale da rinviare tutto a settembre, dopo le ferie. Questo fine settimana sarà determinante per capire come possono volgere le cose.

Va aggiunto che la posizione del governo, del centrosinistra e del Pd in questa fase si muove su due binari: da una parte il sostegno allo ius soli – una misura, per dir così, liberalizzatrice» – dall’altra il tentativo di stringere le maglie dell’accoglienza dei migranti cercando, per esempio, di limitare il campo d’azione delle Ong cui il governo sta per imporre, d’accordo con Bruxelles, alcune regole restrittive che stanno già provocando le proteste degli interessati e di tutto il mondo del volontariato. Senza contare la famosa e contestata frase di Renzi secondo cui i migranti vanno aiutati a «casa loro».

Queste due linee in apparenza contraddittorie, e in un contesto in cui l’Europa continua a lasciarci soli davanti agli sbarchi, rischiano di concentrare sul Pd le scontentezze di tutti i fronti elettorali, con pericolosissime conseguenze per la prossima legislatura.

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