Il Pd bergamasco
amalgama a 3 voci

Il voto degli iscritti nei circoli del Pd bergamasco, nel premiare il ticket Renzi-Martina, ha consegnato un partito di centrosinistra senza trattino: indisponibile, però, ad andare verso una sinistra piena, ma affermando un amalgama tra ex popolari, ex diessini e renziani della prima ora, che è poi la parabola dem in chiave locale. In attesa delle primarie di fine mese, potrebbe essere questa l’identità del partito che governa Comune e Provincia e che ha un ministro, 4 parlamentari e due consiglieri regionali: una formazione riformista che, nelle scelte della base, mantiene una vocazione istituzionale accentuando quella sociale.

Il risultato delle elezioni interne indica una novità e due conferme. Il primo elemento riguarda l’ampiezza dell’affermazione renziana, che non era scontata in questi termini: non solo il dato (68,69%) è in linea con quello nazionale, ma supera di gran lunga quello del 2013 (43,15%) quando i competitori di Renzi erano Cuperlo e Civati. I renziani (di varia natura e gradazione) si sono imposti con punte anche sopra il 70%, soprattutto in Val Cavallina, nel Sebino, in alta Val Seriana, nella Bassa (Caravaggio e Pontirolo) e nell’hinterland (Villa d’Almè, Seriate, Torre Boldone). La sinistra interna del ministro Orlando ha superato il 50% solo in poche realtà, fra cui Romano (la città del deputato orlandiano Guerini) e Ponteranica, mentre in diversi centri minori è stato un testa a testa.

Il punto di partenza prospettava un confronto aperto, dando soltanto un margine di vantaggio a Renzi che aveva in città il lato debole. Il Guardasigilli, infatti, poteva contare su un gruppone di tutto rispetto: numerosi circoli, il deputato Misiani, il vicesindaco Gandi e la maggioranza della Giunta. In realtà la sinistra interna, anche nel capoluogo, non ha tenuto e s’è rivelata minoritaria, pur con un leggero scarto a proprio favore (30,75% contro il 30,18% provinciale, Renzi con il 68,01% contro il 68,69%). La prima delle due conferme si riferisce alla natura territoriale del Pd, che mantiene le tradizionali strutture di base con le antenne sulla periferia e con una certa capacità di mobilitazione: un popolo magari stressato e con mal di pancia, ma che non ha subito clamorose fughe dopo lo strappo di Bersani e che risponde alla chiamata. Tutto questo lo dice l’affluenza: il 65,19% contro il 58,99% del 2013, mentre in città, dove in questi ultimi anni gli iscritti sono aumentati del 25,5%, è stata superiore di 9 punti rispetto alla provincia.

La seconda conferma notifica ciò che già si sa: il braccio politico (Martina, Sanga, Carnevali), quello amministrativo (Gori e Rossi) e regionale (Barboni e Scandella). Un gruppo dirigente che dovrà pilotare i prossimi passaggi interni (il dopo segreteria Riva) ed elettorali, a partire da quello che in chiave bergamasca condiziona le amministrative: il voto per la Regione. La partita è questa, anche se forse i tempi sono prematuri perché siamo alle premesse delle premesse e ad ipotesi ancora sullo sfondo. Tuttavia l’idea che Gori possa candidarsi al Pirellone apre un imprevisto varco sul centrodestra e lo s’è visto nello spariglio di Sorte: l’assessore regionale azzurro ha dato, con tutte le cautele del caso, una sua generica disponibilità a candidarsi a condizione che ci siano le primarie e che il centrodestra si presenti unito.

Al di là di questo primo nome che s’affaccia, l’impressione è che il centrodestra in questo modo rimette in moto la dialettica interna, sposta in avanti il dibattito e lo centra sul Comune, ritrovando spazi di manovra nel tentativo di prepararsi ad un’alternativa competitiva. Non è detto ci riesca, viste le tante anime di Forza Italia, il dialogo-confronto con la Lega e il peso dell’area Tentorio in città: del resto ci vogliono l’uomo giusto al momento giusto e il programma adeguato. Ma forse questa metà campo potrebbe avere meno difficoltà del previsto: non sarà facile per il Pd trovare, nel caso dell’uscita di Gori, un candidato «forte» come l’attuale sindaco e, nel mentre, la percezione diffusa è che il Renzi 2 è più debole del Renzi 1 e non si sa in quali condizioni di consenso arriverà (e quando) alle elezioni politiche. Per questi motivi l’evolversi del quadro nazionale avrà un impatto diretto sulle due variabili bergamasche che si tengono insieme: Regione e Comune. Un rebus da seguire con attenzione, sin da ora.

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