Il regalo svizzero
ad un Paese in ritardo

A chi, ironizzando, sostiene che gli svizzeri siano bravi solo a fare gli orologi e i buchi nel formaggio, mandiamo a dire che se la cavano gran bene anche nei trafori. E per giunta con una certa qual puntualità. Svizzera, appunto. Da ieri la galleria ferroviaria più lunga del mondo è la loro: il San Gottardo, 57 chilometri e 100 metri. Un giocattolino da 11 miliardi di euro (21 per tutto il sistema), che ha visto la luce dopo 17 anni di duro lavoro. «Un importante contributo che diamo all’Europa» ha commentato il ministro dei Trasporti elvetico, Doris Leuthard.

Un paradosso: la nazione più lontana dai principi fondativi dell’Europa unita che fornisce un contributo costruttivo ad un vecchio continente con il fiato corto. Fuori dall’Europa ma dentro il mondo, insomma: quello reale, non quello delle carte degli euroburocrati che disegnano Piani di sviluppo e corridoi vari. Come il numero 6 (sono 9 in tutto), individuato dalla Commissione Europea per lo sviluppo del trasporto su ferro: l’Alpi-Reno, meglio conosciuto come Rotterdam-Genova.

Ecco, Genova. Per arrivare sulle sponde liguri rimane da superare l’imbuto di Chiasso, attraversare celermente Milano, bypassare gli appennini e «dietro una curva improvvisamente il mare», come cantava Ivano Fossati. Non proprio una passeggiata già di suo, figuriamoci in Italia, dove un progetto di solito nasce vecchio e arriva in puntuale ritardo. Puntuale come l’immancabile esplosione dei costi. Perché c’è una puntualità svizzera e una nostrana: la prima ha per oggetto il quando, la seconda il quanto… Ieri, davanti alla meraviglia del traforo, il Governo renziano e la Regione maroniana – per una volta sorprendentemente d’accordo – si sono sperticati in rassicurazioni sul rispetto degli italici tempi. Mancava solo il cartello «Stiamo lavorando per voi»…

La verità è che gli svizzeri sono molto – ma molto – preoccupati, e a ragione: il Gottardo è finito, la galleria di base del Ceneri (15 chilometri, una passeggiata…) lo sarà entro il 2020. E oltre confine? Il nulla o poco più. Ma non ditelo al Pirellone. «Entro il 2017 l’Arcisate-Stabio sarà completata» ha annunciato il governatore Maroni. Roba da tenersi forte, insomma. In verità, qualche dubbio sulla tabella di marcia del potenziamento dei binari fino a Milano c’è, eufemisticamente parlando. Anche se proprio martedì Rfi, società delle Ferrovie italiane che gestisce le reti, ha annunciato per fine 2019 la messa in funzione di un mirabolante sistema tecnologico in grado di far viaggiare un treno ogni tre minuti nei nodi urbani, Milano in primis.

Come dire che noi progettiamo e gli altri fanno. La conferma? Le parole di Renzi al taglio del nastro del Gottardo: «Da parte nostra, impegno per proseguire fino a Milano da un lato e fino a Genova dall’altro». Peccato solo che di soldi non ce ne siano, e che quelli necessari ammontino alla bella cifra di 11 miliardi di euro. Mica patatine. Per il solo Terzo Valico ne servono 6,2, ma qui si è deciso di rischiare e iniziare i lavori. Oddio, un abbozzo, tanto per far vedere che qualcosa si muove: avanti piano, quasi indietro. Per il 2021, se si trovano tutti i soldi, i lavori potrebbero essere finiti. Il condizionale è d’obbligo, considerato che siamo dall’altra parte del confine rispetto alla Svizzera. Che magari non è proprio il Paese più simpatico del mondo , che vive nei suoi Cantoni come se il mondo fuori non la riguardasse, figuriamoci l’Europa. Eppure quei 57 chilometri e 100 metri sono un regalo al vecchio continente e all’Italia in primis, perché gli svizzeri saranno sì bravi a fare buchi, orologi ma pure a fare di conto, noi invece ad aspettare che sia troppo tardi. La differenza sta tutta qui.

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