Il sinodo del Papa
che ascolta la realtà

Anche Dio ha un «sogno». Lo ha detto il Papa, con un’immagine imprevista e suggestiva, durante l’omelia per l’apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia. E quale sarebbe il sogno di Dio? È il suo popolo, la sua vigna. «Un progetto che Egli cura con tutto il suo amore». Però anche Dio, come dice la parabola, deve fare i conti con chi invece rovina quel suo progetto: chi non fa il suo lavoro, ma cura i propri interessi.

È bellissima questa metafora che il Papa ha proposto alla vigilia dell’atteso Sinodo sulla famiglia. Bellissima perché invece di dare indicazioni di merito, invece di suggerire contenuti si limita a sottolineare quanto sia prezioso il bene di cui si andrà a ragionare.

La famiglia infatti è un modo d’essere, forse il più bello e fruttuoso, di quel popolo che è il «sogno» di Dio («Scuola di umanità senza pari» la definisce il Papa). Quindi va approcciata con amore e con quella discrezione che lascia fuori dalla porta idee preconcette o imperativi che possono sembrare crudeli tanto sono inapplicabili. «Le Assemblee sinodali non servono per discutere idee belle e originali, o per vedere chi è più intelligente. Servono per coltivare e custodire meglio la vigna del Signore», ha detto Francesco.

C’è molto da imparare da questo suo approccio a un tema che vede i 191 padri sinodali fronteggiarsi su posizioni che si annunciano molto diverse. Francesco ha voluto limitarsi a dare indicazioni di metodo, che oggi scopriamo essere molto più determinanti di qualsiasi indicazione di contenuto. Il metodo di Francesco è molto semplice: chiede a tutti di mettere al centro non le idee, per giuste e corrette che siano, ma la realtà. È il metodo del «discernimento» che sta al cuore della spiritualità dei gesuiti.

Discernimento vuol dire ascolto, conoscenza, approfondimento, nella certezza che è sempre nella realtà, pur con le difficoltà e le contraddizioni che la segnano, che si scorge l’eco del disegno di Dio. «Per ricercare ciò che oggi il Signore chiede alla Sua Chiesa, dobbiamo prestare orecchio ai battiti di questo tempo e percepire l’“odore” degli uomini d’oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce»: parole stupende, che mettono al centro, con una tenerezza che tocca il cuore di tutti e che non esclude nessuno, quel popolo che è il «sogno» di Dio. «Se così non fosse – ha continuato poi Francesco –, il nostro edificio resterebbe solo un castello di carte e i pastori si ridurrebbero a chierici di stato, sulle cui labbra il popolo cercherebbe invano la freschezza e il “profumo del Vangelo”».

Suggerendo il metodo, il Papa è stato molto preciso anche nell’indicare qual è la vera tentazione da cui tenersi alla larga: quella di «impadronirsi» della vigna del Signore, magari anche con la buona intenzione di evitarle derive. Ha fatto riferimento anche alla grande profezia di Ezechiele sui pastori, laddove dice che è da cattivi pastori caricare sulle spalle della gente pesi insopportabili.

Con le consuete scorciatoie mediatiche si dice che la novità del Papa starebbe in un’apertura verso quelle situazioni, a iniziare dai divorziati, la Chiesa sino ad oggi ha tenuto sulla soglia. Non è questo il punto. Perché la novità del Papa non sta in un progetto diverso, ma innanzitutto in un ascolto: «Ascolto di Dio fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama».

Quando a padre Antonio Spadaro, il direttore di Civilità Cattolica e autore della più importante intervista a Papa Francesco, chiesero quale fosse il progetto del Papa, lui rispose così: «Il Papa ha un disegno, non un progetto. L’immagine che meglio dà questo approccio è quella di una strada che si apre nel cammino. Ecco, direi che è camminando che si apre il cammino». Inutile presumere di conoscere la strada, di aprirne nuove o di sbarrare quelle che si ritengono rischiose. Oggi quello che conta è solo di muoversi, di camminare.

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