Il sorriso di Valeria
ci indica la strada

Gli assassini non potevano certo saperlo. Loro hanno sparato nel mucchio uccidendo in modo del tutto indiscriminato chi si trovavano dinanzi. Tra i tanti, hanno ammazzato senza pietà Quentin Boulanger, 29 anni, originario di Reims e trasferitosi a Parigi per studiare 10 anni fa e Halima Saadi, trentaseienne tunisina madre di due bambini di tre e sei anni, e ancora Ciprian Calciu, romeno di 32 anni, che viveva a Parigi con la compagna di tre anni più giovane, madre del loro bambino di 18 mesi.

Non lo potevano sapere, ma tra le vittime della loro furia omicida c’è una ragazza italiana di 28 anni, Valeria Solesin, di Venezia, dottoranda a Parigi. Loro non lo potevano sapere, ma Valeria è il simbolo di tutto quello che a loro, ai vigliacchi assassini, non piace e fa ribrezzo. A loro sembra mostruosa l’idea che una donna possa studiare e dedicarsi alla scienza e alla cultura e proprio questo faceva invece, con tanto impegno, Valeria.

Non basta: lei si occupava, come giovane studiosa, di pari opportunità e dell’emarginazione professionale che subiscono le donne che hanno figli. Una bestemmia per i suoi assassini. E poi era un’attivista di Emergency, cioè di un’organizzazione radicalmente pacifista che si oppone con tutti i mezzi alla guerra, l’unica cosa che invece i suoi carnefici sanno fare, fino all’annichilimento di sé stessi, al macabro suicidio in battaglia. E ancora: Valeria ha due genitori magnifici i quali, invece di inveire contro gli assassini e reclamare vendette più o meno immediate, ci mettono in guardia dalle facili strumentalizzazioni e onorano, da subito (che coraggio meraviglioso ci vuole), la memoria della figlia caduta, dicendo che la sua morte è una grande perdita, non solo per loro, ma per l’intero nostro Paese.

Ed è proprio così, ha ragione da vendere la signora Luciana, la mamma di Valeria. Perché a noi, al contrario dei suoi carnefici, anche se non l’abbiamo conosciuta, Valeria piace tantissimo. Ci piace il suo coraggio di prendere armi e bagagli e andarsene all’estero, ci piace la sua serietà nello studio, ci piacciono la sua passione civile e il suo pacifismo, la sua volontà di non risolvere i conflitti con la violenza e il sopruso. Ci piacciono tantissimo tutte queste cose. Sono la cifra migliore e il simbolo di una generazione che non è affatto da buttar via come tanti soloni stupidamente e superficialmente ritengono, che è fatta di ragazze e ragazzi «con gli attributi», che sanno cavarsela alla grande lontano dal guscio protetto delle loro famiglie. Ragazze e ragazzi che costruiscono un mondo dove la xenofobia e il razzismo sono mostruosi perché non hanno senso e non trovano spazio nella mescolanza quotidiana di culture, nell’intreccio fecondo di lingue e di consuetudini.

Se penso ad una traduzione concreta dell’ideale europeo, se penso alla sostanza del mondo che abbiamo ereditato dai nostri grandi progenitori, dai Kant e dagli Hegel, dai Voltaire e dai Rousseau, penso proprio a persone come Valeria che dell’Europa sono ambasciatrici, che quei valori li mettono in pratica concretamente nella vita di tutti i giorni. Altro che finanza, borse e mercati. Di quelli potremmo anche fare a meno, ma non toglieteci ragazze e ragazzi come Valeria, non chiudeteci nei recinti, non impediteci di far crescere gli ideali nei quali Valeria ha creduto.

Questo non lo sopporteremmo. Perché vorrebbe dire che avrebbero vinto loro, gli alieni, i mostri che ci vogliono spingere nelle tenebre dell’oscurantismo e dell’ignoranza. Resisteremo Valeria, da oggi anche nel tuo nome. Che ti sia lieve la terra.

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