Italia in affanno
Germania in agguato

Si parla del malessere sociale che affligge molti italiani, lo si legge sui giornali, lo si vede in tv ma poi capita di andare in giro per il Paese e sentire storie vissute dalla gente di tutti i giorni. Si scopre un pianeta avvolto in una normalità esteriore ma afflitto dalla fatica del vivere. Inimmaginabile nella società del benessere, ma diffuso. Lavorare senza avere uno stipendio garantito, avere in arretrato retribuzioni non pagate, famiglie disgregate che dividono i debiti perchè le entrate non bastano, anziani o in balìa di se stessi per pensioni da fame o, se fortunati, eternamente in ansia per dover sostenere il figlio disoccupato e sopperire alla mancanza di uno Stato sociale sempre più in difficoltà.

Una parte cospicua della società italiana non vede segni di miglioramento e se la prende con la politica. La parola d’ordine è: non andate a votare che tanto sono tutti ladri e a noi nessuno pensa. Imporre a questa Italia altre misure di austerità è una responsabilità che nessun partito vuole assumersi. E questo proprio in un momento in cui si consacra la diversità italiana dal resto d’Europa.

I dati Eurostat confermano che mentre l’inflazione in Europa è cresciuta dell’1,1 per cento, in Italia non solo non è cresciuta, ma è andata sotto dello 0,1 per cento. Si chiama deflazione e riporta il Paese al 1959. Certo a dicembre c’è stata un’impennata dei prezzi dello 0,6 per cento ma è un mese ed è solo una speranza per il futuro. Il problema è che la crescita stenta a partire e gli aiuti di liquidità dalla Banca centrale europea hanno una durata solo per il 2017. Prima o poi si dovranno ridurre perché negli altri Paesi il target del 2 per cento di inflazione sta per essere raggiunto. Pensare di poter continuare nella politica di riforme senza al contempo prevedere un piano di rilancio economico con investimenti pubblici e privati è una follia che solo in Germania possono coltivare. Lo spazio per un simile esperimento si è esaurito con il governo Renzi e si è visto che le misure tampone e i contentini tipo bonus da 80 euro non bastano per sedare il malcontento.

Se il 2017 dà segni di ripresa e quindi si pongono le basi per sanare la crisi bancaria allora è possibile ipotizzare un maggior peso contrattuale dell’Italia al tavolo delle trattative con la Commissione europa e gli organi di sorveglianza. Vorrebbe dire riprendere il discorso interrotto da Renzi e ribadire il ruolo di Paese fondatore con un richiamo esplicito ad una condivisione delle responsabilità.

In chiaro vuol dire che la Germania non può pensare di trarre solo vantaggi dalla sperequazione che si è creata nell’area dell’euro. Per ottenere questo risultato ci vuole un governo che possa contare sull’appoggio della maggior parte della popolazione e sappia stringersi attorno al suo primo ministro quando ci sarà da fare la faccia seria.

I prossimi mesi saranno quindi decisivi. L’idea che circola negli ambienti comunitari e nei circoli economici tedeschi è quella di mettere l’Italia sotto tutela. L’intervento del Fondo Salva Stati che concede crediti alle finanze italiane a condizione che vengano fatti tagli dolorosi alla spesa pubblica. La sovranità economica italiana verrà di fatto demandata ad un ente esterno con un solo obiettivo: ridurre il debito con cospicui risparmi.

Un conto che ricade interamente sulle spalle dei cittadini italiani ed in particolare su quelli più disagiati. Dopo otto anni di crisi con un Paese sfiduciato e senza una prospettiva credibile di rilancio avrà buon gioco chi sostiene un’uscita dall’euro. Sarà una catastrofe finanziaria e politica, ma quando si è disperati non si scelgono le mezze misure.

© RIPRODUZIONE RISERVATA