La famiglia resta
una buona notizia

Si è parlato di «guerra preventiva» tra cardinali e di «schieramenti contrapposti» pronti a darsi battaglia. Cosa succederà al sinodo sulla famiglia voluto da Papa Francesco? L’appuntamento che si terrà in Vaticano dal 5 al 19 ottobre dedicato alle sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, sta avendo già ampio eco mediatico, ma in che modo? Sulle barricate è stato messo il cardinal Gerhard Mueller, prefetto della dottrina della fede, che in difesa dell’indissolubilità del matrimonio cristiano non ammetterebbe nessun cambiamento e all’assalto è stato mandato il cardinal Walter Kasper che invece riterrebbe possibile la comunione ai divorziati risposati in nome della misericordia.

Semplificazioni da arena mediatica che non devono distrarci da un evento mondiale che vuole essere soprattutto «momento di ascolto delle ricchezze e dei problemi delle famiglie del nostro tempo» come ha dichiarato il Papa di ritorno dalla Terra Santa. Pertanto le decisioni verranno prese tra un anno quando ci sarà un secondo sinodo da cui usciranno le indicazioni pastorali per l’intera Chiesa.

Ora se diamo un rapido sguardo ai problemi delle famiglie emerge una grande diversità a seconda dei contesti sociali e culturali. Se la questione dei figli alle coppie omosessuali ha spazio in Europa e Stati Uniti, la poligamia condiziona ancora l’Africa. Se da noi fa problema l’indissolubilità del matrimonio, in Sud America ci si sposa per tappe. Se i genitori europei non spingono i propri figli alla pratica della fede in ragione della libertà, altrove avviene il contrario in ragione dell’identità cristiana da salvaguardare. Se nelle aree islamiche vi è pericolo per l’educazione cristiana dei figli di coppie di diversa religione, in altre c’è il pericolo della trasmissione dell’Aids. Se in Italia si fanno reti di famiglie per uscire dall’isolamento, in Brasile devono difendersi dall’assalto delle sette. Se nei Paesi più evoluti la maternità viene posticipata con annessi problemi di fertilità, nei paesi poveri la maternità è il primo compito affidato alla donna. Se qualche anno fa da noi c’erano i corsi dei fidanzati, ora ci sono i corsi dei conviventi che vogliono ricevere il matrimonio.

Il sinodo cercherà di muoversi in un quadro complesso e variegato di problematiche legate alla famiglia, ma godrà anche della preziosa ricchezza che essa rappresenta in ogni parte del mondo. Il legame di reciproco affetto e la comunione di vita fanno della famiglia il primo luogo di umanizzazione della persona e della società. Se è vero che la famiglia è crocevia di molti problemi, è altrettanto vero che molti di questi problemi possono essere risolti soltanto partendo dalla famiglia, lavorando sulla qualità delle relazioni coniugali, favorendo economicamente la costituzione di nuove famiglie, riconoscendo il ruolo educativo primario della famiglia, creando reti di famiglie solidali, aiutando le famiglie numerose, mettendo al centro della pastorale parrocchiale le famiglie. Se è vero che in Occidente si da meno valore all’aspetto sacramentale e istituzionale del matrimonio, è altrettanto vero che il matrimonio rimane il progetto di vita più desiderato dai giovani. La Chiesa non può certo ignorare altre forme di convivenza, eterosessuale o omosessuale, più o meno diffuse, anche in queste Dio è presente, ma sono un’altra cosa rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio.

Alcune domande poi sono diventate cruciali. Qual è la ragion d’essere del matrimonio, come istituzione religiosa o civile vista la crisi che attraversa? Il matrimonio cristiano è diventato un «sacramento per non credenti»? Nella Bergamasca la maggioranza di coloro che chiedono il matrimonio dicono di credere in Dio «a modo loro». Cosa è meglio: il matrimonio senza amore o l’amore senza matrimonio? E se l’amore non c’è più, non è meglio prenderne atto e tirare le conclusioni? Perché avere più di un figlio? Si potrebbe continuare, ma è sufficiente per capire che ciò che è in forte cambiamento è il senso stesso dell’amore, dell’unione coniugale, del generare. Vogliamo credere che il matrimonio e la famiglia siano «una buona notizia» per tutti, anche per coloro che vivono situazioni difficili o soffrono a causa del fallimento della loro unione o non possono più accedere alla comunione, perché a nessuno sia mai precluso un cammino di speranza. Questa è la sfida che il sinodo raccoglie. Non sappiamo se una pastorale rinnovata potrà salvare più matrimoni, perché la vita di fede non dipende principalmente da norme o indicazioni, ma dai cristiani che rispondono all’amore del Cristo e ne danno coerente testimonianza con la loro vita. Però è giunto il momento di un confronto sereno e costruttivo per il futuro della Chiesa e dell’umanità.

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