La nuova frontiera
della Chiesa

Da ieri le opere di misericordia diventano otto. Jorge Mario Bergoglio aggiorna la tradizione, come sempre è avvenuto nella storia della Chiesa. Papa verde? Papa movimentista ed ecologista? Macché solo Papa del Vangelo, che non cambia. È la storia che cambia e allora la tradizione va completata, cioè ha bisogno di un’aggiunta. Ecco l’ottava opera di misericordia che Francesco ha annunciato nel Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera del creato: «La cura della casa comune».

La inserisce in tutte e due gli elenchi. È opera di misericordia «spirituale» perché invita a contemplare il disegno di Dio. Ed è anche «corporale» perché impone un cambiamento degli stili di vita, dei comportamenti, anche attraverso piccoli gesti quotidiani. Ma Bergoglio non inventa nulla quando parla di «conversione ecologica». C’è un magistero della natura nel Vangelo squadernato con potenza da Gesù, che spesso dimentichiamo oppure pensiamo non abbia la stessa rilevanza di altri comandamenti. Da quel magistero che si comprende come rendere migliore la Terra, rispettandola. Quando Gesù invita a guardate attentamente gli uccelli del cielo o i gigli del campo o ad imparare dall’albero di fico vuol dire che di essi noi non siamo padroni, ma solo custodi. Invece accade spesso esattamente il contrario. L’aspirazione è quella del dominio, non solo a livello personale, ma anche globale. Vince la logica dello sfruttamento, della violenza, del consumo e perde quella della solidarietà.

Bergoglio è chiarissimo nella sua analisi quando invita a preoccuparsi della natura e del bene comune. Spiega che chi sfrutta e non custodisce il creato, uomo compreso, commette un crimine. Lo aveva già detto, ma ieri ha aggiunto che si tratta di «un peccato contro Dio», che va confessato. Parla di «conversione interiore» con l’aiuto del sacramento della Penitenza: «Impariamo a cercare la misericordia di Dio per i peccati contro il creato che finora non abbiamo saputo conoscere e confessare».

Non è semplice richiamo all’ecologia. Non sprecare l’acqua, riciclare i rifiuti, spegnere le luci quando non servono diventano gesti rilevanti nel progetto di Dio. La cosiddetta sostenibilità dello sviluppo è un programma contenuto nelle parole del Vangelo. E tutti possono dare il proprio contributo. Bergoglio si rivolge alle persone e ai governi. Chiede l’inversione della rotta, chiede di onorare gli impegni presi, anche sul cambiamento climatico. Spiega che salvare il pianeta permette di salvare i poveri, che sono i meno responsabili dei danni dell’impazzimento del clima, ma al contempo sono quelli che maggiormente ne subiscono gli effetti.

Dei profughi climatici non si occupa nessuno. Non sono riconosciuti dalla convenzioni internazionali, anche se le analisi spiegano che l’intreccio tra guerre per le risorse e cambiamenti climatici è ormai la nuova emergenza. Ne parla solo il Papa e forse è anche per questo motivo che due giorni ha deciso di occuparsi in prima persona dei dossier sull’immigrazione, riservandoli a sé mentre si organizza il nuovo dicastero sullo sviluppo umano. Con il Messaggio di ieri schiera in modo ancor più decisivo tutta la Chiesa.

È strategico il ragionamento sugli stili di vita, nuova frontiera della Chiesa. Eppure non basta la parola di Francesco. C’è una trincea sulla quale bisogna schierare le Chiese locali con riflessioni, iniziative pubbliche, alta capacità pedagogica per portare la gente laddove fatica ad andare. Inquinamento, ambiente, salute, geopolitiche economiche sono perimetri da esplorare con maggiore attenzione di quanto finora non si sia fatto.

Ciò che accade da ieri sera a Sotto il Monte - dove fino a domenica si riflette e naturalmente si prega tutti insieme sulla salvaguardia del creato - è un gesto che va nella direzione indicata da Papa Francesco. E il fatto che si sia scelto il «Giardino della pace» accanto al santuario parrocchiale Giovanni XXIII è un valore aggiunto. Perché la strada per giungere alla pace sulla terra invocata da Roncalli prevede anche che venga pagato quel «debito ecologico», che i Paesi ricchi hanno posto come un fardello sulle spalle dei più poveri con le migrazioni forzate, la rapina delle materie prime, l’affitto della terra con monoculture che schiantano la biodiversità, solo per poter allegramente (noi) consumare di più.

Non sarà facile spezzare questa logica. Bergoglio lo dice apertamente. Ma non cede. Troppo ambizioso il suo «fermo proposito» quando invita a cambiare stile di vita oppure troppo comodo per noi continuare così?

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