La nuova politica
premia i grillini

Fino alle elezioni del 25 febbraio 2013 la politica era distesa lungo un continuum orizzontale, che andava dalla sinistra estrema a quella moderata, al centro moderato, alla destra moderata, alla destra estrema. Le distanze/vicinanze tra le forze erano misurate da due parametri: la giustizia sociale e l’innovazione culturale. Così la sinistra era considerata più vicina agli «ultimi», la destra più vicina ai «primi»; così la destra era più conservatrice sui valori, la sinistra più progressista.

Quel giorno si scoprì che la linea Est/Ovest era attraversata perpendicolarmente da una linea Nord/Sud, lungo la quale le forze politiche si dislocano in verticale secondo lo schema: alto/basso, élite dirigente/popolo, governanti/governati, istituzioni/cittadini. Così gli elettori hanno ridisegnato la politica su uno spazio cartesiano, diviso in quattro quadranti: puoi essere di sinistra e votare per «l’alto» o per il basso. Lo stesso vale per la destra. Ma anche no!

Un elettorato che si muove su quattro quadranti è piuttosto imprevedibile. I suoi orientamenti non sono più interpretabili solo a partire da parametri di classe economico-sociali, c’entrano la cultura e il rapporto con le istituzioni. Perché è accaduto e quali sono gli effetti sul sistema politico? È accaduto, perché è fallita la delega che storicamente i cittadini avevano rilasciato ai partiti per governare il Paese. Il Paese non è stato governato, i poteri sociali hanno fatto accordi tra di loro, scaricandone i costi su tutti i cittadini. Donde il debito pubblico, autobiografia di un Paese «sgovernato».

Falliti i partiti, sono però aumentate le pretese dei cittadini di mettere il naso negli affari che li riguardano. Pretese dovute alla crescita di istruzione della società civile e all’insorgenza intermittente di terremoti della società civile. Gli effetti del lungo sciame sismico, innescato dal ’68 sono l’affondamento dei partiti e la destrutturazione dell’intero sistema politico. Il Pd oggi è collocato nel quadrante in alto a sinistra, dove stanno le istituzioni e il governo, ma la sua minoranza interna e la sinistra radicale stanno nel quadrante in basso, contrapposto a istituzioni e governo, in una fascia di populismo di sinistra, accanto a quella più grande del M5S. La destra si è scomposta in un piccolo centro moderato, nel quadrante a destra in alto, mentre il resto della destra radicale e lepenista si è ammucchiato in basso, in una grande bolla populista, in cui stanno un pezzo di FI, la Lega e, di nuovo, il M5S. Il M5S, appunto. È il prodotto della nuova suddivisione dello spazio: una base elettorale equamente divisa tra destra e sinistra, ma tutta collocata in basso, in una contrapposizione di sistema all’alto. Dunque, la divisione non è più tra sinistra e destra, ma tra alto e basso, tra governo-sistema e anti-governo/anti-sistema. Non è una tendenza solo italiana.

Non sono scomparse le questioni sociali, in particolare quella della redistribuzione della ricchezza, in relazione all’aumento delle diseguaglianze. Ma una politica di giustizia sociale non si può fare, senza tenere conto della nuova dialettica verticale sistema/antisistema. Di qui la questione, anch’essa nuova, della forza istituzionale dell’esecutivo. Forte, se i cittadini lo scelgono direttamente, non per delega ai partiti. Finora i partiti hanno proposto di dare la delega ad una nuova classe dirigente, pura, giovane e incorrotta. È una vecchia antifona della storia italiana, piena di tentazioni giacobine, savonaroliane, totalitarie. Le nuove classi dirigenti sono invecchiate e si sono corrotte troppo in fretta. Servono, invece, un nuovo potere diretto dei cittadini e nuove istituzioni, dentro le quali far crescere nuove classi dirigenti.

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