La strage in famiglia
La morte non vince

Può una mamma a cui hanno ucciso le due figlie perdonare l’uomo che gliele ha strappate? Può una moglie perdonare un marito che ha commesso un simile gesto? Il delitto di Cisterna di Latina, accaduto il 28 febbraio, è stato per tutti noi due volte sconvolgente. Lo è stato nel momento in cui abbiamo conosciuto la dinamica di quella terribile tragedia. Ma lo è stato un’altra volta nel momento in cui abbiamo dovuto misurarci con lo sconvolgente perdono da parte della mamma, Antonietta Gargiulo, unica sopravvissuta da quella strage. C’era stato annuncio di questa volontà durante il funerale delle bambine, quando il parroco don Livio Fabiani, aveva chiesto di pregare anche per il loro padre. In chiesa si era levato un mormorio tra i banchi.

Con prontezza il sacerdote aveva puntualizzato che la famiglia aveva perdonato quel padre. «Le due famiglie, quella di Antonietta e quella di Luigi, si sono incontrate prima del funerale, sono state insieme in chiesa e dopo al cimitero. Sono in pace», aveva detto alle persone assiepate in chiesa e anche sul sagrato. Poi, ai giornalisti che gli chiedevano conto della reazione delle persone, don Livio era stato molto chiaro: «Se c’è qualcuno che non è preparato a questo messaggio di perdono della Chiesa allora non è cristiano. Se non si ha il coraggio di perdonare non si è cristiani». Antonietta quel giorno era ancora in ospedale.

È stata dimessa il 21 marzo ed è stata accolta in un luogo segreto. Due giorni fa però ha voluto far sentire la sua voce attraverso il canale della comunità di preghiera alla quale appartiene, quella di Gesù Risorto. Il suo messaggio è stato pienamente coerente con quanto preannunciato dal parroco nel corso del funerale delle bambine. «Sono Antonietta Gargiulo e oggi voglio ringraziare ognuno di voi per le preghiere e per l’amore», ha detto. «La mia vita oggi qui è un miracolo e ringrazio Dio ogni istante. Il vero miracolo, ancora, è l’amore che ha circondato me e soprattutto le mie bambine. Il vero miracolo è che l’odio, il male e il rancore non hanno vinto nei nostri cuori, ma regna un senso di pace, pietà e misericordia. Regna l’amore che si sta estendendo a cerchi concentrici come da una goccia e sta arrivando lontano. La parola di Dio ha vinto sulla morte ed io lo posso testimoniare».

Sono parole che per la mentalità comune possono sembrare parole «impossibili» da concepire. Quanti di noi, nelle circostanze di quel terribile delitto, avevamo pensato che per la signora Antonietta sarebbe stato meglio non svegliarsi mai dal coma causato dai proiettili che avevano colpito anche lei. Avrebbe dovuto essere strage completa, nel folle e disperato disegno di Luigi Capasso. Così non è stato, perché il destino ha voluto tenere legato con un filo la vita di quella mamma. E cosa pensare del dolore inimmaginabile provato nel momento, in cui riprendendo coscienza, è stata messa al corrente di ciò che era accaduto? È un’esperienza che schiaccia non solo chi la subisce in prima persona, ma schiaccia anche noi, testimoni attoniti. Improbo pensare che esista una via di uscita a una condizione simile, se non quella, per altro difficilissima, di dimenticare. Invece mamma Antonietta indica una strada. Che non è una strada scontata perché può essere solo l’esito di un percorso, di un cammino; frutto di un’esperienza che ha fatto crescere, giorno dopo giorno, uno sguardo diverso sulla vita. Difficile descrivere quale sia questo sguardo senza banalizzarlo. O senza sospettare che sia frutto di una sorta di «esaltazione spirituale». Invece è una coscienza molto concreta, molto semplice e sperimentata che la morte non è l’ultima parola, e che quindi l’amore dimostrato da tanti è qualcosa che riguarda lei ma in ugual misura le bambine, le quali a rigor di logica non potrebbero esserne più destinatarie. Invece il dono della pace nel cuore, suo e di tanti, è la dimostrazione che «Dio ha vinto la morte». Non è essere visionari affermare una verità così. È rendere testimonianza di un dono ricevuto; di un «miracolo», come dice Antonietta. Il miracolo grazie al quale una mamma a cui è accaduta la più grande tragedia che posa capitare a una mamma, diventa un po’ mamma di tutti noi, persi davanti a questa tragedia.

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