L’affondo di Visco
mette Renzi all’angolo

Ignazio Visco contrattacca. C’era da aspettarlo, anche se lo stile di Bankitalia esige le sue liturgie, i suoi tempi, i suoi modi felpati. Ma al primo intervento pubblico dopo la riconferma, nel contesto della Giornata del risparmio, il governatore ha respinto su tutta la linea le durissime accuse che gli aveva mosso Matteo Renzi. «La tutela del risparmio – ha detto Visco – richiede stabilità monetaria e stabilità finanziaria; le decisioni e gli interventi di banca centrale e di vigilanza le perseguono con determinazione; sui comportamenti delle singole anche la supervisione è ferma e intensa. Del nostro operato non esitiamo a dare conto alle istituzioni e al Paese».

Le sue parole chiudono una vicenda che ha visto la sconfitta dell’ex premier su tutta la linea. Renzi si era schierato apertamente contro, era stato durissimo con il governatore, accusandolo pesantemente di omessa vigilanza. Aveva parlato, in un’intervista, di «sei anni di disastri» e aveva pilotato la mozione del Partito democratico che avrebbe dovuto portare alla mancata riconferma del numero uno di Via Nazionale, caso unic o nella storia d’Italia insieme con il caso di Antonio Fazio e il caso di Baffi e Sarcinelli.

Ma la mossa dell’ex premier era stata bocciata dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, da mezzo governo, dallo stesso premier Paolo Gentiloni (che non sapeva niente di quella mozione e dunque di quell’affondo a freddo) e perfino da diversi esponenti del partito di cui Renzi è segretario, a cominciare da Walter Veltroni.

Nel suo intervento Visco non si è solo difeso ribadendo la sua opera di vigilanza: ha espresso un concetto ben chiaro che riguarda tutte le autorità di garanzia. «La supervisione sulle banche riduce significativamente le probabilità che si verifichino crisi bancarie ma non può annullarla», ha affermato. «Gli accertamenti di vigilanza richiedono analisi accurate e complesse» e «non possono far ricorso ai poteri che la legge riserva all’autorità giudiziaria e alle forze di polizia». Le banche, ha aggiunto, «sono imprese» e «anche in presenza di difficoltà la vigilanza non può sostituirsi agli amministratori».

Non si possono insomma demandare alla sola Banca d’Italia le responsabilità della vigilanza sulle banche, che è un compito collettivo riguardante più apparati, dall’autorità giudiziaria alle forze di polizia, fino ai dirigenti degli istituti di credito. E qui naturalmente la palla rimbalza verso quei responsabili delle banche locali che in quegli anni, giocando sui bilanci, ne hanno fatto di cotte e di crude, incapaci non solo di vigilare ma spesso facendosi corresponsabili di pasticci e soprusi ai danni dei risparmiatori.

Nonostante il presidente della Commissione Bilancio della Camera Boccia abbia tentato di gettare acqua sul fuoco è chiaro che il caso Visco non è finito. La pratica non è chiusa e peserà sulla campagna elettorale di Renzi, che è pur sempre un candidato premier della prossima legislatura. Può un candidato premier fare il premier in aperto e irresolubile contrasto con il responsabile della vigilanza bancaria, dopo la sequela di accuse di omessa vigilanza, che dopo la creazione della Banca centrale europea è rimasta praticamente la prima e prioritaria funzione di Via Nazionale?

«Il rafforzamento della ripresa prosegue anche da noi, beneficiando delle riforme, delle condizioni dell’economia internazionale e dell’orientamento fortemente espansivo della politica monetaria», ha poi detto ancora il governatore della Banca d’Italia. «L’occupazione è risalita su livelli prossimi a quelli precedenti la crisi finanziaria globale e continua ad aumentare» ha rilevato Visco. Un ottimismo, quello del governatore, poco percepito dal resto della popolazione. Perché in Italia, per tanti italiani, soprattutto giovani, il lavoro ancora non si vede.

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