L’esercito a Milano
e le periferie da curare

È stato prontissimo il sindaco di Milano Giuseppe Sala nell’anticipare le polemiche dell’opposizione di centrodestra dopo il delitto in «stile Chicago» avvenuto in Piazzale Loreto sabato scorso. Ha chiesto di avere la presenza dell’esercito in alcune zone critiche della città, come via Padova (la strada più multietnica di Milano che parte proprio da piazzale Loreto). Ma evitando una polemica, è finito per doverne affrontare un’altra: serve davvero l’esercito per le strade della città? Non è una soluzione di facciata che non cambia la sostanza delle cose? Il ricorso ai militari in funzione di deterrenza al crimine era stata un’idea lanciata da Berlusconi con l’operazione «Strade sicure» nel 2008. Il ministro della Difesa allora era Ignazio La Russa e si capisce come quella decisione derivasse coerentemente dal programma politico del centrodestra.

Ora è invece un sindaco del centrosinistra a invocare quella stessa misura e questo non poteva non creare un po’ di sconcerto e di polemiche nel suo stesso fronte politico. In realtà Sala ha preso una decisione che non obbedisce alle regole del politichese ma segue i dati dell’esperienza da lui fatta guidando la complessa macchina di Expo 2015. Allora per la sicurezza delle centinaia di migliaia di persone che affollavano il sito, 1.200 soldati avevano presidiato il Decumano, con una presenza discreta ma a guardare dai risultati, sicuramente efficace: durante Expo infatti non si sono mai avute emergenze sicurezza, nonostante i rischi indubbiamente alti. Chi ha polemizzato con Sala ha fatto leva su un’indagine della Corte dei Conti che dimostrerebbe la sostanziale inutilità dell’intervento dell’esercito nelle città, visti i numeri esigui se rapportati a quelli del complesso delle forze dell’ordine: gli uomini e le donne dell’Esercito in servizio nelle strade sono 7 mila, contro gli oltre 250 mila tra carabinieri, poliziotti e finanzieri a cui vanno sommati i corpi di polizia locale. Per di più i soldati non possono contestare i reati, e quindi in teoria dovrebbero andare sempre in coppia con agenti delle forze di sicurezza.

Ma la presenza dei soldati per le strade va guardata sotto altri punti di vista. Innanzitutto è palese che proprio per la stima che in genere la popolazione ha nell’Esercito in quanto istituzione, la presenza delle sue divise comunica un senso di sicurezza aldilà dell’impatto reale. In secondo luogo in un momento di profonda disistima generale, e qualche volta anche ingiustificata, nei confronti dello Stato, i soldati possono essere un fattore positivo di avvicinamento tra la popolazione e lo Stato stesso. In terzo luogo, bisogna considerare l’identità nuova che con il passare degli anni la figura del militare sta assumendo. Oggi le Forze armate sono chiamati a svolgere sempre di più compiti che hanno un connotato civile quando non addirittura umanitario. Basti pensare allo straordinario impegno della nostra Marina nel recupero di migliaia e migliaia di migranti nel Mediterraneo: una presenza preziosa e insostituibile, in cui si dimostra oltre che una grande umanità, anche una notevole preparazione nei soccorsi.

Per cui ben vengano i soldati per le strade se con la loro semplice presenza faranno sentire più tranquilli i nostri anziani o le famiglie. Ma non si commetta l’errore di pensare che una volta garantita maggiore sicurezza i problemi delle nostre periferie siano in gran parte risolti. Come ha detto Gianni Biondillo, uno scrittore di successo che in via Padova vive, l’errore è quello di preoccuparsi delle periferie solo quando scattano le emergenze. Invece c’è bisogno di cure quotidiane e continue. Ed è su queste che il sindaco Sala va davvero misurato.

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