L’Europa in cerca
di nuove certezze

La vittoria cristiano-democratica alle elezioni di domenica scorsa nel Nord Reno Vestfalia riguarda la Germania. Sono consultazioni locali e il bacino di utenza di quasi 18 milioni di abitanti ha un suo senso politico per Berlino. Eppure non c’è giornale europeo che non l’abbia messa in prima pagina. La risposta potrebbe essere trovata nel peso sempre crescente della Repubblica federale sulla scena politica europea e internazionale. Ma le precedenti elezioni di metà marzo in Olanda hanno avuto anch’esse una eco continentale e stiamo parlando di un popolo di 17 milioni di abitanti.

La Francia con la vittoria di Emmanuel Macron ha fatto il botto con un’esposizione mediatica anche alimentata da vicende personali. Il fatto che la premiére dame abbia 24 anni più del marito diventa un gossip senza frontiere. Così come la vittoria di un cantante portoghese al festival internazionale della musica di Kiev mobilita l’attenzione di milioni di spettatori europei.L’Europa è una perché ciò che accade in un posto anche remoto del Vecchio continente produce conseguenze per gli altri Stati membri dell’Unione. I cittadini l’hanno capito e del resto alla Biennale di Venezia gli artisti tedeschi hanno fatto il pieno di riconoscimenti ma nessuno ha chiesto loro il colore del passaporto. È evidente che ciò che conta è la qualità artistica.

Nella quotidianità l’Europa è ormai unita. L’interdipendenza che si crea con la trasmissione delle informazioni e dei dati l’ha resa possibile. L’innovazione è un fatto inclusivo perché costringe gli interlocutori di un mercato condiviso a stare al passo per non essere esclusi. E chi più sente il bisogno di questa apertura sono i giovani perché cresciuti in un ambiente dove i gusti, le abitudini, i comportamenti sono coniati dall’omologazione tecnologica. Chi ha votato contro il Brexit in Gran Bretagna sono i giovani, le generazioni più anziane temono invece le conseguenze della rivoluzione seguita alla globalizzazione ed hanno riflessi condizionati dall’istinto di conservazione.

Questo spiega la schizofrenia di un’opinione pubblica ormai interconnessa a livello socio-culturale ma più che mai divisa sul piano politico. L’avversione verso una maggiore integrazione d’Europa nasce dalla diffidenza e Bruxelles viene vissuta come intrusione nelle vicende nazionali. I partiti si attardano su categorie ormai passate. Destra e sinistra sono categorie che corrispondono ad una società di operai e di capitalisti del secolo scorso. La sfida del momento è invece tra chi investe nella modernità, nell’innovazione e chi ne teme le conseguenze e quindi si rinserra nei suoi confini nazionali nella speranza di riacquistare una sovranità compromessa. Il neo presidente francese Macron è stato ministro di un governo socialista ma vince le elezioni con un proprio movimento e nomina come primo ministro un rappresentante della destra repubblicana. La sfida è non restare prigioniero nelle categorie dei partiti ma dimostrare che solo con un’integrazione intelligente nel tessuto europeo è possibile conservare il meglio dell’identità politica economica e culturale francese.

I partiti godevano della delega data loro dagli elettori, adesso il rapporto è più diretto. Con i social si interloquisce immediatamente anche se il rapporto è più astratto, meno ponderato e quindi facile all’estremizzazione . È la componente emotiva che si riflette sulla politica. Venuto meno il ruolo di intermediazione del partito ci si deve affidare alla saggezza del capo. La popolazione in Europa invecchia, vuole certezze e cerca qualcuno che gliele assicuri. Se i partiti non sono in grado di gestire le paure del tempo nuovo l’elettore farà a meno di loro.

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