L’Italia bipolare
in un unico partito

La Leopolda si è trasformata in una bolgia da stadio quando Renzi, concludendo il suo discorso, ha detto, riferendosi alla sinistra interna: «Non consentiremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd per riportarlo dal 41al 25 per cento».

I «leopoldini» hanno salutato con un’entusiasta standing ovation le parole del premier: sono balzati d’improvviso tutti in piedi ad applaudire con le mani tese verso l’alto, abbracciandosi poi colmi di euforia. È un comportamento che non può e non deve scandalizzare: la politica è, tra le altre cose, contrapposizione amico-nemico, sentimento identitario, partigianeria pura. E poi la gioia anti Cgil della Leopolda è stata perfettamente simmetrica a quella antirenziana del giorno precedente, quando, in piazza San Giovanni e non pensando al capo della Lega, si scandiva il motivetto: «Un sogno nel cuore: Matteo a San Vittore».

La politica è, da sempre, anche questo: passione, tifo, sfottò, canzonatura dell’avversario. La singolarità risiede piuttosto nel fatto che le due fazioni in guerra ieri appartengano allo stesso partito. Questa è davvero un’anomalia inedita, una cosa mai vista, persino nella turbolentissima storia politica italiana. Una stranezza che nasce dalla situazione eccezionale che attraversa il nostro sistema politico e dalla mancanza di un fisiologico, per le democrazie, antagonismo bipolare tra una destra e una sinistra.

Per rendersene conto basta dare una rapida occhiata alle forze politiche presenti nel nostro Parlamento: il raggruppamento che alle elezioni politiche ha preso più voti, il Movimento5 Stelle, non è in grado di fare politica in modo serio, incide pochissimo nella vita parlamentare e appare interessato a giocare soprattutto sulle paure collettive e sullo sfascio di un Paese che non sarà mai comunque in grado di governare. La Lega, un tempo forza di governo, ha abbandonato il federalismo e insegue i Cinque Stelle sullo stesso terreno, alleandosi con Casa Pound e con le propaggini dell’estremismo neofascista.

Berlusconi sembra un pugile suonato dai troppi montanti subiti negli ultimi anni, viene ormai criticato apertamente anche dai suoi per un appiattimento in effetti un po’ patetico e strategicamente insensato sul giovane presidente del Consiglio e mi pare interessato soprattutto al suo destino personale, e cioè ad evitare di finire i suoi giorni nelle patrie galere o a vedersi minacciato il patrimonio aziendale e familiare.

In questo quadro desolante, gli unici antagonisti «seri» sulla scena sono le due fazioni del Pd. Quella sinistra necessita certamente di un leader, che in questo momento non possiede, di un rinnovamento culturale da compiere insieme all’intero movimento progressista mondiale e di una nuova struttura organizzativa che contenga tutte le sue componenti. Le divisioni del passato, tra bersaniani, civatiani e vendoliani sono ormai del tutto anacronistiche e certamente controproducenti. Questi sono limiti grossi, che però non ci possono far trascurare la grande forza di mobilitazione che quest’area ancora possiede, il suo radicamento sul territorio del nostro Paese, la plausibilità politica di molte delle sue proposte, considerate «vecchie» solo nella retorica dei suoi avversari, in realtà molto simili a quelle di tanta parte della sinistra europea e mondiale.

D’altro canto, la fazione di destra del Pd, quella guidata da Renzi, esprime al meglio le qualità di un rinnovato polo moderato: è tanto ostile ai sindacati «rossi» quanto vicina a quelli degli imprenditori, tanto nemica della Camusso quanto amica di Squinzi, che non finisce mai di lodarla. In generale, rappresenta un berlusconismo depurato dei suoi elementi peggiori, e cioè, oltre ad uno stile di vita poco adatto a chi guida una grande nazione, un gigantesco conflitto di interessi e le collusioni con la criminalità organizzata. Una destra civile, rinnovata e moderna quella renziana, capace, tra le altre cose, di fare anche da noi quello che altre destre europee hanno già fatto da tempo e che oggi sembra convincere anche Berlusconi: proporre lo ius soli per i figli degli immigrati nati in Italia e riconoscere i diritti delle coppie di fatto.

Non c’è provocazione nel ragionamento che ho svolto qui. Destra e sinistra sono nozioni relative e non assolute. Si è sempre a destra o a sinistra di qualcun altro. E oggi le due forze più serie schierate sul campo sono queste. Se potessero finalmente competere per il governo nazionale saremmo finalmente, dopo una transizione durata un’eternità, giunti a vivere in un Paese normale.

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