L’onda lunga
della Brexit in Italia

In conseguenza della Brexit, è stato ipotizzato per il 2017 un decremento del Pil dell’Unione non superiore allo 0,3-0,4%, che dovrebbe essere confermato dai dati del terzo trimestre di quest’anno. Giudizi ben più pessimistici sono già stati avanzati per l’economia inglese dal National Institute of economic and social research (Niesr).

Per il 2017 è prevista una discesa del Pil allo 0,8%, rispetto al 2,3% rilevato a maggio, il che comporterebbe un taglio di 320 mila posti di lavoro entro il terzo trimestre dello stesso anno. In conseguenza di queste valutazioni, la Bank of England ha deciso una diminuzione del tasso d’interesse dallo 0,50% al minimo storico dello 0,25%, per fare in modo che la prevista flessione dell’economia britannica non sfoci nella recessione.

Ulteriori conseguenze negative per l’economia e la finanza inglese potrebbero derivare dall’inevitabile trasferimento in Europa dell’Autorità bancaria dell’Ue (Eba). A partire dal 1° gennaio 2011, questa importante istituzione presieduta dall’italiano Andrea Enria svolge il compito di vigilare sulla trasparenza e sul regolare funzionamento del mercato finanziario europeo. Suo principale obiettivo è quello di realizzare una regolamentazione efficace e uniforme in ambito finanziario, nonché fornire report periodici sulle gestioni e sulle posizioni patrimoniali delle banche europee.

Uno di questi report è rappresentato dagli «stress test», che hanno recentemente riguardato le prime cinque banche italiane e che hanno dato un preoccupante esito negativo solo per il Monte dei Paschi di Siena. Nella sua attività l’Eba opera in stretta collaborazione con la Bce e le Banche centrali nazionali, che hanno il compito di vigilare sull’applicazione delle disposizioni da questa impartite e di svolgere indagini ispettive sulle banche di propria competenza. Queste indagini si giovano dei dati ricevute dall’Eba, cui vengono riversati, per gli opportuni aggiornamenti, i risultati emersi dalle ispezioni. La collocazione dell’Eba a Londra fu decisa all’unanimità dai Paesi europei, a ragione dell’alta specializzazione delle funzioni finanziarie della City londinese e della tradizionale esperienza e profondità del mercato inglese rispetto a quello degli altri Paesi europei. Con la riallocazione in Europa dell’Eba, il problema maggiore per gli inglesi sarà rappresentato dalla perdita del cosiddetto «passaporto finanziario». Con questo provvedimento è stato a suo tempo stabilito che un qualsiasi prodotto finanziario generato nell’Unione europea possa circolare liberamente in tutti i Paesi aderenti sotto la responsabilità delle Autorità di controllo. L’uscita dall’Unione dell’Inghilterra determinerà la necessità di una preventiva autorizzazione per la libera circolazione dei prodotti finanziari inglesi, con la conseguenza che importanti istituzioni con sede a Londra potrebbero ritenere opportuno il loro trasferimento in Europa. Tutto ciò spiega perché la City di Londra ha accolto con grande favore l’intenzione della premier May, riferita dal Sunday Times, di trattare con l’Unione per ottenere una dilazione fino al 2019 sui tempi di attuazione della Brexit.

La richiesta sarebbe giustificata dalla necessità di avere il tempo sufficiente per mettere in piedi l’apparato burocratico necessario per attuare le operazioni di uscita. Anche l’Europa, però, potrebbe avere interesse ad assecondare la richiesta inglese. Va tenuto conto, infatti, che la maggior parte delle emissioni sui mercati finanziari internazionali è attuata con riferimento agli usi sul mercato londinese e all’applicazione della «common law», che dà forza vincolante alle sentenze pronunciate da un giudice nel corso di un processo, su fattispecie identiche o analoghe a quella in esame.

In Europa, la tradizione giuridica è quella della «civil law», derivante dal diritto romano, che ha per fondamento la prevalenza delle norme e della loro coerenza complessiva rispetto alle pronunce del giudice. Ne consegue che è assolutamente necessario individuare un Paese che, nel più breve tempo possibile, si ponga in grado di realizzare una legislazione concorrente con quella inglese, che assicuri condizioni di efficienza nello svolgimento di ogni tipo di transazione e nella rapida soluzione di ogni controversia. Parigi, Francoforte e Milano hanno avanzato la loro candidatura, ma sono piazze finanziarie ancora tutte ben lontane dal poter assicurare condizioni di efficienza e snellezza operativa simili a quelle finora garantite dalla City.

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