L’Ue ci guarda
Il Paese sovrano

Sull’alleanza gialloverde Salvini-Di Maio incombono i timori dell’Europa. Lo ha detto ieri anche l’economista francese Jacques Attali, consulente dell’Eliseo per i problemi di politica e finanza, che non nasconde la sua inquietudine. «In Francia e in Europa - ha spiegato - quest’alleanza fa lo stesso effetto di un governo Le Pen-Melanchon a Parigi». Attali si spinge a paragonare l’Europa dei particolarismi e dei sovranismi con quella del 1913, quando le innovazioni tecnologiche di un cinquantennio sfociarono nei particolarismi alla base dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.

Non ci sono solo gli intellettuali come Attali e gli eurocrati di Bruxelles a denunciare la loro preoccupazione su un governo di Salvini e Di Maio. Anche il Capo dello Stato Mattarella ha recentemente ricordato i limiti invalicabili della dimensione europea. Pensare di farcela senza l’Europa, ha ammonito, «significa ingannare i cittadini», poiché il sovranismo, ovvero la riaffermazione populista delle prerogative di uno Stato di fronte ai poteri che derivano dalle organizzazioni sovranazionali, «è inattuabile». Inoltre «credere di farcela da soli è pura illusione o, peggio, inganno consapevole delle opinioni pubbliche». La ragione è molto elementare: «Tutti sanno che nessuna delle grandi sfide, alle quali il nostro continente è oggi esposto, può essere affrontata da un qualunque Paese membro dell’Unione, preso singolarmente».

Ma è davvero così? Davvero rischiamo di ritrovarci un governo anti-europeo, o quanto meno euroscettico? È vero che Lega e i Cinque Stelle non hanno mai risparmiato critiche all’Unione europea, nonostante il recente tentativo «istituzionale» di Di Maio di accreditarsi addirittura presso il presidente francese Emmanuel Macron. Il fondatore dei Cinque Stelle Beppe Grillo ha rilanciato l’ipotesi del referendum sull’euro, vecchio cavallo di battaglia di Salvini oltre che di Marine Le Pen. Si è sentito di tutto in passato: da un nuovo ruolo dell’Italia nell’Unione europea che metta la difesa dell’interesse nazionale al primo posto alla revisione dei principali Trattati europei, non solo di quelli che regolano la moneta unica.

Inoltre, in politica estera, un governo giallo-verde porterebbe inevitabilmente a un riavvicinamento con la Russia di Vladimir Putin, con la richiesta della cancellazione delle sanzioni europee a Mosca (che tanto fanno penare tante piccole e medie imprese italiane). In totale opposizione non solo con la Nato, ma anche con le decisioni dell’Unione. A meno che l’Italia non aspiri a divenire un ponte privilegiato tra Bruxelles e Mosca. Che, ricordiamo, sembra Europa ma non è Europa, avendo da sempre per le incrollabili tradizioni di geopolitica una visione imperiale che si estende all’Asia e al Medio Oriente. Vi è infine l’emergenza migranti, che certo non coincide con le politiche di Bruxelles, anche se queste sono complicate, asimmetriche, omissive e confuse.

Ma se l’orizzonte è questo, è anche vero che questi temi sono quasi scomparsi dai programmi elettorali dei due partiti vincitori alle ultime elezioni. Non sembra peraltro che temi antieuropeisti rientrino nei punti del «contratto» che i due leader dei due movimenti stanno mettendo a punto in queste ore. Si parla di reddito di cittadinanza, flat tax e altri argomenti che non hanno molto a che vedere con l’euroscetticismo. Semmai ci si potrebbe chiedere dove prenderà il nuovo governo che verrà (se verrà) i fondi per sostenere queste bellissime dichiarazioni di intenti. Di certo non ci si può indebitare. L’Unione promette durissime sanzioni nel caso l’Italia voglia sforare sul proprio deficit (e quindi, in ultima istanza, sul proprio debito in rapporto al Pil).

Ma è anche vero che anche in Europa il volere dei cittadini italiani va rispettato. Movimento Cinque Stelle e Lega sono i vincitori delle elezioni e hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di provare a rilanciare il Paese, come ha ammesso lo stesso leader del Pd Matteo Renzi. Lo spettro di una «troika» Bce, Commissione europea e Fondo monetario internazionale, come quella che ha governato la politica economica della Grecia, va rigettato con tutte le proprie forze di Paese autonomo e fiero della propria autonomia. Perché un conto è il sovranismo è un conto è la sovranità di uno Stato che è ancora, nonostante la crisi di questi anni, tra le maggiori potenze economiche del mondo.

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