Marginalità e povertà
Paralizzano il futuro

I dati resi noti dall’ Istat ieri sulla povertà in Italia possono essere una chiave di lettura per spiegare i risultati sorprendenti del referendum del 4 dicembre.
Secondo le stime dell’ Istat il 28,7% dei cittadini italiani oggi sarebbero a rischio povertà. Percentuale che sale in modo drammatico se si guarda al solo Meridione, dove quasi la metà degli abitanti risulta a rischio di esclusione sociale: la percentuale nelle regioni del Sud del nostro Paese è al 46,4 in rialzo di quasi un punto rispetto ai dati dell’ anno precedente.

Se si va a guardare la geografia del voto di domenica, si vede come proprio al Sud si concentrino le percentuali più alte di No: dalla Campania in giù il No ha sempre superato l’ asticella del 60% con la punta di Sardegna e Sicilia addirittura sopra il 70%. Questo lascia capire come quel voto non esprimesse soltanto un giudizio di merito rispetto alla riforma costituzionale, ma fosse un voto più che di protesta di sofferenza e insofferenza. Del resto la percentuale così alta di votanti conferma che in gioco c’ era un’ urgenza maggiore che non il quesito posto. E oggi dati Istat ci fanno capire quale fosse e quale sia questa urgenza.

Non dobbiamo pensare davanti a questi numeri di trovarci di fronte alla povertà come viene abitualmente intesa. Innanzitutto il fenomeno anche psicologicamente più drammatico è quello di milioni di persone che ormai da molti anni vedono continuamente peggiorare la propria condizione sociale: sono ad esempio tutte quelle famiglie che l’ Istat definisce a «bassa intensità lavorativa». Cioè che sbarcano il lunario transitando da una soluzione di precarietà all’ altra. È ad esempio il popolo dei voucher, quello che non ha nessuna sicurezza rispetto ai propri redditi di domani. La povertà ha la forma non tanto della deprivazione presente, quanto dell’ addensamento di incognite sul domani.

Da questo punto di vista la percezione di essere a rischio di povertà è qualcosa che viene sperimentata oggi da una fetta davvero vastissima di popolazione: la marginalità, se è lecito fare un gioco di parole, non è più un fenomeno numericamente marginale. Il Rapporto Istat ad esempio porta alla luce altri fenomeni a cui si deve prestare attenzione. Cresce la percentuale di chi sostiene di non essere in grado di sostenere una spesa imprevista di 800 euro, che passa dal 38,8% al 39,9%. E quel dato sale in modo davvero drammatico quando si guardano i bilanci delle famiglie che hanno tre figli, dove si raggiunge addirittura il 52,8 %. Cioè oltre la metà dei nuclei con tre figli oggi non è in grado di sostenere una spesa che nelle loro condizioni risulta più che probabile.

Quello a cui stiamo assistendo è il lento, inesorabile scivolamento sociale di quella parte di Italia più debole e più fragile, se si pensa che negli ultimi cinque anni la fascia di redditi bassa ha subito un’ erosione del 13%, contro una media complessiva del 9%. Questo significa che la forbice delle disuguaglianze si è allargata, perché i ricchi oltre a poter contare su redditi alti, in questo stesso periodo di tempo li hanno visti crescere o quanto meno li hanno preservati. Una delle ricadute di questa crescita della povertà è la paura del futuro che si traduce anche in una sorta di paralisi progettuale rispetto alle proprie singole storie. C’ è un’ Italia che oggi fa fatica far quadrare i bilanci, ma che soprattutto non sa immaginare né tanto meno investire sul proprio domani. Un’ Italia che è ostaggio di questa povertà reale o anche solo temuta.

Vincere questa sfida è impresa improba. Matteo Renzi l’ha persa, nonostante il suo governo abbia tentato di mettere energie e risorse nella lotta contro la povertà (come la misura del Sostegno all’ inclusione attiva dimostra). Ma forse quella sfida prima che politica e anche economica è culturale, come testimonia sempre Papa Francesco: restituire dignità sociale a chi vive o teme la povertà; investire su nuovi legami e su nuove forme di coesione e di mutuo aiuto; incoraggiare solidarietà e voglia di iniziativa. In sintesi, far capire che la povertà di tanti è questione che ci riguarda tutti.

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