Mattarella, 4 carte
e un governo

E adesso che si fa? Dice Giorgio Napolitano: «Siamo tutti vicini al Presidente Mattarella che deve sciogliere questo nodo per dare al più presto un governo al Paese». La vicinanza di un emerito deve essere di conforto per il Capo dello Stato chiamato a trovare la soluzione del rebus. Mattarella ieri, uscendo alla fine delle consultazioni, lo ha detto chiaro e tondo che i partiti non riescono a venirne fuori e che dunque toccherà a lui aiutarli: a sua volta si concede qualche giorno di tempo per pensarci, poi mercoledì o giovedì sapremo. Vediamo quali sono le carte in mano al Presidente della Repubblica.

La prima è la più improbabile: un pre-incarico. A Matteo Salvini, capo della maggiore coalizione, o a Luigi di Maio, candidato del maggior partito. «Pre» perché le consultazioni non hanno evidenziato una maggioranza parlamentare chiara. Dunque l’incaricato dovrebbe andare «a vedere» prima di tornare al Colle e accettare un incarico pieno. Che questo tentativo si trasformi in un fallimento è praticamente certo.

Salvini e Di Maio si ritroverebbero alle prese con gli ostacoli politici che li hanno paralizzati sin qui. Di Maio non accetta Berlusconi, Berlusconi non si fa da parte, Salvini non può rompere con Berlusconi, i democratici stanno a guardare e si consolano della sconfitta con le difficoltà dei vincitori: e la giostra ricomincia. Ma se i due candidati dovessero registrare formalmente un insuccesso segnerebbero la fine delle loro ambizioni. È per questo che non accetteranno mai.

Potrebbe provarci un leghista come il navigato Giorgetti, ma Di Maio ha già detto e ripetuto che non rinuncia a Palazzo Chigi e lo stesso Giorgetti avrebbe comunque bisogno dei voti di Berlusconi che Di Maio rifiuta.

Altra carta, il mandato esplorativo ad una personalità «istituzionale». Si incarica la Casellati o Fico di sondare i partiti e riferire al Capo dello Stato. Lavoro inutile per come stanno le cose, ma potrebbe servire a Mattarella per guadagnare qualche giorno. Per questa ragione l’«esplorazione» al momento è la possibilità più gettonata, e la candidata numero uno sarebbe Elisabetta Casellati, presidente del Senato e dunque seconda autorità dello Stato.

Terza possibilità, quella del fallimento collettivo, dell’impossibilità di confezionare una soluzione «politica». Mattarella chiama un tecnico, una personalità di prestigio anche internazionale (come successe con Ciampi o con Monti) e lo incarica di formare un governo senza politici che poi dovrebbe rivolgersi al Parlamento per riceverne la fiducia. Chi ci sta, ci sta. Chi non ci sta si assume la responsabilità di lasciare il Paese a bagno, con un governo dimissionario che può solo gestire l’ordinaria amministrazione mentre alla porta di casa si potrebbe scatenare una guerra. Il governo andrebbe avanti per quel tanto che basta, magari fino alle elezioni europee dell’anno prossimo.

Ultima carta, quella che Mattarella rifiuta. Le elezioni anticipate. Da farsi subito, sciogliendo le Camere appena elette. Sarebbe uno strappo mai visto nella storia repubblicana: per quanto brevi, le legislature non sono mai durate meno di due anni. E non sarebbe nemmeno una soluzione facile.

Problema numero uno: con quale legge elettorale tornare alle urne dopo la pessima prova del Rosatellum? E, secondo: quale governo dovrebbe gestire la fase elettorale? Chi ha vinto le elezioni accetterebbe di lasciare a Palazzo Chigi Gentiloni, al Viminale Minniti e al Tesoro Padoan? Appunto, un rebus.

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