Migranti, l’Italia
alzi la voce in Europa

Dal Consiglio europeo di Bruxelles che doveva modificare il regolamento di Dublino (quello che impone ai Paesi di sbarco tutti gli oneri della gestione dei migranti) e non l’ha fatto, alla riunione dei ministri degli Esteri di Tallinn (Estonia) che ha deciso di non decidere, al grottesco dibattito al Parlamento europeo di Bruxelles, che sul tema migrazioni ha visto la presenza del 5% dei deputati, la morale è una sola: l’Europa ci ha mollati e ha deciso di scaricare sull’Italia tutto il peso dei flussi migratori che da gennaio hanno portato in Italia più di 85 mila persone, accanto alle 10 mila sbarcate in Grecia e alle 6.500 della Spagna.

E sarebbero state molte di più perché il mare si è tragicamente portato via per sempre 2.500 migranti, mentre altri 10 mila sono stati salvati o intercettati dalla guardia costiera libica. I dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni non lasciano scampo. E ci dicono due cose assai precise. La prima è che non c’è alcuna invasione in corso. Quei numeri dimostrano che né l’Africa (dove vive gran parte del miliardo e 200 milioni di persone che hanno meno di 25 anni e dove l’età media è di 28 anni) né il Medio Oriente (dove il 32% dei 420 milioni di abitanti ha meno di 30 anni) si stanno trasferendo qui. Il flusso sarebbe tranquillamente gestibile da un continente come l’Europa che ha 450 milioni di abitanti sempre meno giovani (età media: 42,2 anni) ed è l’agglomerato economico più potente del mondo. La seconda, conseguente alla prima, è che i Paesi europei hanno coscientemente scelto di sacrificare alcuni, in primo luogo l’Italia, sull’altare di una questione che, appunto, non sarebbe un dramma se affrontata con le forze congiunte dei 28 membri della Ue ma diventa un basto insostenibile se abbandonata sulla schiena del singolo.

Di fronte a questa Ue, che si balocca con l’idea di un esercito da mandare in giro per il mondo a risolvere i problemi altrui e si da alla fuga quando quegli stessi problemi (sui flussi influiscono, e non poco, anche le nostre guerre scellerate) arrivano nella Ue con i barconi e sotto forma di esseri umani, bisogna smettere di farsi illusioni. Da anni l’Italia si contenta di parole vuote e di false promesse, buttate nel dibattito dagli altri Paesi al solo scopo di guadagnare tempo per loro e farlo perdere a noi. Il grottesco fallimento del piano della Commissione europea per ricollocare 160 mila migranti sbarcati in Italia e in Grecia, rifiutato senza subire sanzioni da molti Paesi e boicottato da quasi tutti gli altri, era già stato un segnale più che eloquente.

Per il nostro Paese è più che mai giunto il tempo di passare all’azione nei confronti di questa Europa matrigna. Come ci spiega la Corte dei Conti, nel periodo 2009-2015 abbiamo dato all’Unione 5,4 miliardi l’anno in più di quanto abbiamo ricevuto. Cominciamo da qui e facciamoci sentire quando occorre approvare il bilancio comunitario. E proviamo a battere i pugni anche sugli altri tavoli, visto che non mancano, nella Ue, i Paesi pronti ad approfittare del meccanismo perverso delle decisioni da prendere all’unanimità. Un esempio: le sanzioni alla Russia sono costate al nostro settore agroalimentare 10 miliardi di euro nel biennio 2014-2016. Eppure assistiamo senza nemmeno provare a discutere (l’ultima volta tre settimane fa al Consiglio europeo di Bruxelles) al rinnovo automatico di provvedimenti che a noi costano assai più che ad altri. Le leve non ci mancano, insomma. Forse ci manca il coraggio di impugnarle. Lasciando inspiegato il mistero per cui, nelle decisioni concrete della Ue, l’Ungheria e la Finlandia contano più di noi.

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