Non c’è rosatellum
senza spine

Questa mattina il Senato voterà in via definitiva la nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum bis. Diranno il loro sì i democratici (con qualche eccezione), Forza Italia, Lega, gli alfaniani e i sodali di Denis Verdini. Maggioranza ampia, composta da forze che appoggiano il governo e forze che vi si oppongono. Diranno no invece i grillini e le varie formazioni di sinistra, da Sinistra Italiana a Mdp che ancora una volta ha dichiarato – ma questa volta salendo al Quirinale – di essere fuori della coalizione governativa.

Ieri i senatori hanno votato la fiducia posta dal governo sul provvedimento con grande scandalo delle forze ostili al Rosatellum, e nello stesso tempo con alcuni sotterfugi tipici della tecnica parlamentare è stato garantito il numero legale senza il quale la seduta di palazzo Madama non si sarebbe potuta tenere. L’operazione dunque è andata in porto, a differenza di quanto accadde all’inizio dell’estate quando alcuni contraenti del patto sul cosiddetto «Tedeschellum», segnatamente i grillini, all’ultimo momento si tirarono indietro e tutto saltò.

È ottobre inoltrato, le Camere verranno sciolte in gennaio, andremo a votare in marzo. Questa dunque era davvero l’ultima occasione per avere una legge elettorale organica, pensata dalla prima all’ultima parola, e non il rimasuglio di altre leggi (l’«Italicum», il «Porcellum») ritagliate dalle forbici della Corte Costituzionale. Una legge che ha sicuramente due delle caratteristiche insistentemente richieste dal capo dello Stato ai partiti: rende omogeneo il modo di eleggere i deputati e i senatori ed è largamente condivisa dal Parlamento e da forze anche esterne alla maggioranza di governo.

È invece tutto da dimostrare che il Rosatellum abbia anche la terza caratteristica individuata da Sergio Mattarella: garantire che nella prossima legislatura si possa mettere in piedi un governo. Se questo avverrà, nessuno attualmente è in grado di dirlo, neanche chi – come i renziani, gli alfaniani, i berlusconiani – lo vanno ripetendo come fosse un esorcismo: la legge garantisce la governabilità, giurano. Vedremo.

Per la verità, tutte le proiezioni che si stanno facendo in questi giorni negli uffici studi e nelle università tra esperti di sistemi elettorali dicono che una maggioranza, così stando le cose, non dovrebbe sortire dal Rosatellum. Si pensa invece che avremo tre grandi tronconi politici: il centrodestra, il Pd, i grillini. Allo stato, è favorito il primo giacché è l’unico che sembra in grado di costruire una coalizione tra partiti alleati nonostante le divergenze, i personalismi e gli attriti. Il Pd invece non ha di fatto alleati: la rottura a sinistra è conclamata e Pisapia si è rivelato una meteora, salvo miracoli dell’ultimo momento o accordi locali. I democratici dovranno sognare da soli di raggiungere ancora una volta la mitica soglia del 40 per cento. Quanto ai grillini, è noto che per principio essi non si alleano con nessuno, e dunque sono obiettivamente sfavoriti da questo tipo di legge (e infatti dicono che tutto è stato orchestrato per bloccare la loro marcia su Palazzo Chigi: come negar loro una conferma?).

Molti dicono che il Rosatellum sia stato costruito proprio a partire da questa fotografia sui tre tronconi: poiché nessuno davvero prevarrà, sarà giocoforza che due di essi si alleino per fare un governo, e questi due si chiamano centrodestra e Pd. Cioè Renzi e Berlusconi. E Salvini? Salvini e Meloni ci staranno, dopo aver proclamato da ogni cocuzzolo e in tutte le piazze che mai e poi mai si accosteranno in un governo alla sinistra e ai suoi alleati? E se non ci stessero, è pensabile che il centrodestra si presenti unito alle elezioni e subito dopo si rompa per consentire a Berlusconi di mettere in piedi un governo con Renzi? Per saperlo al momento possiamo solo affidarci agli aruspici.

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