«Nuova via della Seta»
Un aiuto per l’Italia

Il Quantitative easing (Qe) è l’intervento di politica monetaria che, attraverso l’acquisto di titoli pubblici dei Paesi dell’area Euro, ha consentito alla Bce di agevolare Paesi in difficoltà nella collocazione dei titoli e immettere liquidità sul mercato per rilanciare l’economia, portando il tasso d’inflazione più vicino possibile al 2%. Ciò ha inoltre permesso alla Banca centrale europea di agire come punto di riferimento del mercato (benchmark), abbassando i rendimenti a medio e lungo termine.

Complessivamente, dal marzo 2015 sono stati acquistati oltre 2 mila miliardi di euro di titoli pubblici, al ritmo di 30 miliardi al mese. Per quanto riguarda l’Italia gli acquisti sono stati di circa 356 miliardi. Mario Draghi ha da tempo annunciato che, essendo stati raggiunti tutti gli obiettivi di politica monetaria, tali operazioni finiranno il 31 dicembre prossimo. Con la fine del Qe, la Bce potrà far scadere i titoli che ha acquistato e i governi dovranno vedersela solo con i mercati. Tuttavia, se l’inflazione si manterrà intorno al 2%, senza superarla, la Bce potrà mantenere il suo bilancio sugli attuali valori, che sono molto elevati (4.170 miliardi) rispetto a quelli pre-crisi (1.000 miliardi). In ogni caso, gli acquisti di nuovi titoli non saranno più possibili, con evidenti conseguenze negative per l’Italia, che da sola ha più di 2 miliardi di euro di debito pubblico in circolazione, dei quali ben 356 nella casse della Bce. Se nella prossima legge di bilancio, in contrasto con gli accordi europei, fosse programmato un deficit superiore al 3%, potrebbe sensibilmente diminuire la propensione degli investitori all’acquisto dei nostri titoli e le agenzie di rating potrebbero tagliare il loro giudizio sulla affidabilità del nostro debito.

Ci potremmo trovare, dunque, con lo «spread» fuori controllo, con interessi da pagare molto elevati e in presenza di una Bce cui è vietato acquistare titoli pubblici per proteggere il governo italiano dalla sfiducia degli investitori. Tale ultima procedura è consentita solo quando un Paese chiede ufficialmente aiuto, ma in tal caso, come successo per la Grecia, viene sottoposto a un piano di commissariamento che elimina qualunque autonomia del governo. Va tenuto conto che tra maggio e giugno sono stati già avvertiti segnali di disimpegno internazionale rispetto all’acquisto dei Btp e che nel 2019 dovranno essere offerti al mercato titoli per 400 miliardi, di cui un terzo destinati all’estero. Da qui la preoccupazione dei nostri governanti di fornire alle maggiori potenze economiche del mondo un quadro rassicurante della situazione del nostro Paese, che è il presupposto necessario per favorire investimenti sul nostro debito pubblico. Questo è stato il principale obiettivo del recente viaggio negli Usa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e lo stesso obiettivo che si è proposto di raggiungere il ministro Tria, recandosi lo scorso 27 agosto in Cina dove, secondo notizie di stampa, ha avuto qualche buona carta da spendere. Tra gli anni ’60 e ’70, infatti, ha militato in alcune organizzazioni di studenti «maoisti», che sostenevano il leader della Cina comunista Mao Zedong. Di quell’epoca gli è rimasta la conoscenza della lingua cinese e un buon rapporto con le istituzioni di quel Paese. In un’intervista alla radio di Stato cinese dello scorso aprile, Tria ha affermato che «il discorso del presidente Xi Jinping al Forum di Bo’ao per l’Asia dimostra la grande apertura e lungimiranza della Cina». Tali buoni rapporti sono stati confermati dagli incontri molto cordiali con i massimi esponenti del governo cinese. Tra l’altro, sono state gettate le basi per un auspicabile coinvolgimento delle nostre imprese nel grande progetto di investimenti via terra e via mare denominato la «Nuova via della Seta».

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