Questa Italia umile
ma bella e vincente

Vista così, buona la prima. La cosa fondamentale è una: l’Italia finalmente ha digerito il Mondiale vinto in Germania nel 2006. Quella sbornia tanto bella quanto inattesa, diciamolo, era rimasta sullo stomaco per una decina d’anni, a parte la felice parentesi dell’argento europeo di Prandelli, ben presto dimenticata da questo Paese che già di suo difetta di memoria, ma nello sport proprio tritura tutto, giorno dopo giorno. Ecco: l’Italia di Conte sembra finalmente «un’altra» Italia. Più debole e povera di talenti, di sicuro.

Ma con quella «fame» in più che la Nazionale aveva smarrito, raccogliendo gran figuracce, dopo la vittoria in Germania. A prescindere dal risultato, questo conta: la Nazionale ha mostrato un’idea di sé, giocatori con la voglia giusta, un gruppo che (almeno per ora) pare compatto, senza prime donne, senza quei «personaggi» che magari qualche partita te la fanno anche vincere, ma alla fine tiri una somma e sono più i danni dei benefici. Cassano, Balotelli e «fenomeni» simili: ogni riferimento è puramente voluto. Questi siamo, dunque, e i segnali positivi sono più di quelli negativi. D’altra parte, l’Europeo sta mostrando poche evidenze. Tutte le big hanno fatto una certa fatica. Attacchi stellari non se ne sono visti. Chi ha difese di buon livello, in linea di massima, se la può cavare. Chi magari non ha faticato fino a due settimane fa nelle coppe (vedasi gli spagnoli), potrebbe avere anche un po’ più di benzina nel serbatoio dei muscoli.

Adesso, non è il certo il caso di esagerare con l’ottimismo: l’Italia è questa e questa ci teniamo. Però il bello dell’esordio sta proprio qui: i primi a sapere di non essere una squadra di fenomeni sono loro, gli azzurri. Lo dimostra il profilo basso di tutte le dichiarazioni, lo dimostra l’umiltà con cui la squadra ha anche accettato di farsi prendere a cazzotti dal Belgio, nel secondo tempo.

Gli spocchiosi diranno: la solita Italia che parla parla e poi dopo un golletto ti picchia lì un catenaccio da palla lunga e pedalare. A parte che il catenaccio quando serve lo fanno tutti, ma proprio tutti, il fatto di aver conservato la vittoria contro una favorita usando l’arma più umile può dare all’Italia una spinta particolare. L’avevamo auspicato, che la Nazionale trovasse uno spirito «da provinciale», perché solo così avrebbe potuto colmare il divario tecnico che con il Belgio, a tratti, è stato evidente. Quello spirito c’è, perché alla fine ha vinto l’Italia, e il campo difficilmente racconta bugie. Però adesso forse viene il difficile: contro Svezia e Irlanda sarà l’Italia a dover vestire i panni della favorita, perché è chiaro - e la partita di ieri pomeriggio lo dimostra chiaramente - che gli azzurri sono più forti (molto più forti) dei prossimi due avversari.

Quindi il rischio è di farsi sorprendere da questa vittoria inattesa, e pensare di colpo che adesso li asfaltiamo tutti, che Svezia e Irlanda contro di noi resisteranno lo stesso tempo di un gatto in tangenziale. Sarebbe sbagliatissimo: con questa vittoria l’Italia si è quasi assicurata il passaggio di turno, gli altri invece se lo dovranno conquistare tutto. E se per noi sarebbe normalità, per loro sarebbe un pagina storica, o quasi. Occhio, quindi: la Nazionale operaia resti com’è. Bellina e un po’ scugnizza, finalmente a pancia vuota. Ci sono voluti dieci anni, ma adesso abbiamo una squadra.

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