Questione morale
sempre più urgente

La vicenda legata a Maurizio Lupi, stando a quanto egli stesso ha dichiarato ieri sera in televisione, troverà una conclusione questa mattina alle 11 quando il fin qui responsabile del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture di fronte ai parlamentari spiegherà le sue ragioni, protesterà la sua innocenza, ricorderà che non è indagato dalla magistratura, probabilmente si riconoscerà solo qualche leggerezza («Non ho detto a mio figlio: restituisci il Rolex») e al termine dirà che, per spirito di servizio, lascia il ministero.

Secondo quanto ha detto ieri sera a Bruno Vespa, il presidente del Consiglio Renzi non gli avrebbe mai chiesto ultimativamente le dimissioni. Ed è credibile. Renzi ha infatti seguito una strada diversa, gli ha chiesto di andarsene per scelta, non per imposizione, perché altrimenti non avrebbe garantito la compattezza dei gruppi parlamentari allorchè si voteranno in Parlamento le mozioni di sfiducia individuale presentata contro Lupi da Sel e Cinque Stelle. Era altamente probabile che una gran parte del Partito democratico potesse votare a favore di quelle mozioni, e allora sì che si sarebbe chiusa molto male questa vicenda, con una quasi certa crisi di governo. Viceversa, con le dimissioni spontanee, la vicenda Lupi resta confinata, per dir così, in un ambito personale, circoscritta alle responsabilità o alle «leggerezze» di un singolo esponente di governo.

È una soluzione che anche il Nuovo centrodestra potrebbe accettare, dal segretario Alfano a quegli esponenti che ancora ieri pomeriggio andavano dichiarando che sarebbe bene passare all’appoggio esterno al governo, cioè uscire e lasciare Renzi in balia dei venti. Già oggi la maggioranza in Senato è ristrettissima e ogni volta fonte di ansie e di incertezze: se il Ncd dicesse «valuteremo e poi decideremo come votare su ogni singola questione», quasi certamente il governo a palazzo Madama verrebbe battuto a ripetizione dalle opposizioni. Tutto bene, dunque? Assolutamente no.

Intanto per la ragione che non se ne va un ministro qualunque. Esce dalla scena ministeriale un esponente di primo piano del partito di Alfano, legato ad ambienti sociali assai significativi in particolare nella sua Milano (una città di cui Lupi ambiva a diventare sindaco). E per di più lascia il ministero delle Infrastrutture a poche settimane dall’apertura dell’Expo su cui aveva responsabilità dirette e cruciali.

Si potrebbe dire: «Quali rischi correrà ora l’Expo?», ma Renzi ha risposto: «L’Expo correrebbe ben più seri rischi se fossimo esposti ogni giorno ad uno stillicidio di indiscrezioni, intercettazioni, accuse e sospetti sul più alto rappresentanti governativo in materia di opere pubbliche: sarebbe uno scandalo internazionale che ci esporrebbe al ridicolo».

Questa è stata una delle considerazioni che hanno smosso la volontà di Lupi, fino all’altra sera irremovibile, inducendolo a mollare la presa. In ogni caso la preoccupazione resta: l’evento milanese è uno di quei segnali cui l’Italia e Renzi con essa legano buona parte delle speranze di ripresa, dalle sue attività si fa discendere addirittura un incremento significativo del Pil.

E però tutto questo, per quanto importante, è secondario se guardiamo alla gigantesca questione morale di cui la vicenda di questi ultimi giorni, come le innumerevoli ahinoi che l’hanno preceduta, è paradigmatica. Qui c’è un’intera politica da bonificare, e poi una classe burocratica da rinnovare, un apparato dello Stato da sanificare, e una coscienza nazionale da rinvigorire, un’educazione dei giovani da ripensare, una scuola da rifondare. Insomma, l’Italia deve potersi guardare allo specchio ogni mattina senza sentirsi costretta a disgustarsi di se stessa. Se voi sfogliate le pagine di un giornale o sentite un giornale radio o guardate la tv, quante notizie di arresti vi vengono proposte ogni giorno? Tante, troppe, abnormemente troppe per qualunque altro Paese. Serve qualcuno che ponga la questione morale come centrale nello sviluppo del Paese.

Renzi da tempo si è candidato a questa grande operazione. Ora il «caso Lupi» ha ammaccato questa sua intenzione, ma probabilmente proprio le dimissioni hanno ridimensionato il danno possibile. Lupi se ne deve essere reso conto e, da persona intelligente, ha detto: «La mia decisione rafforza il governo». Non ne siamo sicurissimi, però sarebbe peggio se avesse detto il contrario.

© RIPRODUZIONE RISERVATA