Renzi, la solitudine
può essergli fatale

Galeotto fu Facebook. È stato con un post dedicato ai migranti che Matteo Renzi ha segnato la sua ultima disavventura sui social network. Ha scritto, o meglio: gli hanno scritto, che «i migranti vanno aiutati a casa loro». E naturalmente su una frase del genere, di chiaro sapore leghista, è venuto giù il mondo: tutti gli avversari hanno sparato alzo zero contro la (presunta) svolta a destra del segretario del Pd. In realtà, la frase sintetizzava brutalmente, come è tipico dei social, una linea politica che il governo Renzi e quello Gentiloni da anni hanno seguito coerentemente, a partire dalla presentazione del piano «Migration compact» che resta ancora oggi l’unico documento della Ue che delinei una politica organica nei confronti dell’Africa per fermare il selvaggio processo di fuga.

Ma appunto, la sintesi dei 140 caratteri di Twitter e poi di Facebook, così utile alla propaganda più grossolana, poco si adatta alle politiche complesse, e così il post di Facebook si è rivelato per Renzi un clamoroso autogoal, persino doppio dal momento che – di fronte alle reazioni critiche – qualcuno ha ordinato di cancellare il testo dalla bacheca di Renzi.

Nel frattempo al G20, Paolo Gentiloni molto più accortamente dei consulenti di Renzi, ha detto la stessa cosa senza suscitare però la medesima indignazione: «La nostra accoglienza non può essere senza limiti». Che è la stessa cosa ma espressa in modo più morbido, una abilità che sta facendo apprezzare l’attuale presidente del Consiglio. Ma, aldilà dei toni, l’Italia, il suo governo, il partito che sostiene il governo ed esprime il premier, il segretario di quel partito, si ritrovano in una situazione di vero imbarazzo: l’Europa ci concede ben poco, l’Italia resta sola in Europa ad affrontare l’emergenza migranti, le nostre minacce di ritorsione per i partners riottosi hanno fatto il rumore di un tappo di spumante. Nel frattempo le nostre elezioni si avvicinano,tutti gli avversari del Pd si sistemano a destra su posizioni rigide in materia di immigrazione, e si preparano a far pagare a Renzi il conto del continuo arrivo di barconi sulle nostre coste. Senza che la contemporanea discussione sullo ius soli abbia conquistato ai democratici un po’ di consenso a sinistra, anzi.

Fosse questo, l’unico fronte che Renzi deve presidiare: c’è anche quello delle alleanze future con le altre forze della sinistra. Alleanze verso le quali un capo-corrente di peso come il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e un leader dell’opposizione come il Guardasigilli Andrea Orlando spingono Renzi a darsi da fare. Peccato che tutti i potenziali alleati del Pd vogliano, come contropartita, la testa del segretario su un piatto d’argento, condizione che naturalmente Matteo non ha alcuna intenzione di soddisfare.

Insomma, più passano i giorni e più Renzi, pur forte di milioni di voti alle ultime primarie di partito, si trova stretto in un vicolo senza uscite, col rischio di subire l’imboscata dei nemici e degli «amici», pronti al cesaricidio anche a rischio di perdere le elezioni e consegnare il governo a Grillo o a Berlusconi.

Come farà Renzi a svincolarsi da queste insidie, sia politiche che programmatiche? La sua intenzione è di fare un lungo giro in Italia per riconquistare il rapporto sentimentale col suo popolo che, dalla sconfitta del referendum in poi, è sembrato svanire. Ma non sarà facile, e lui è il primo ad essere consapevole. Renzi ha fatto in passato della solitudine la sua condizione di forza, oggi però potrebbe essere, al contrario, la condanna alla sconfitta elettorale e politica.

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