Salute a tavola
Regole per tutti

Seppure nascano comprensibilmente dalla volontà di difendere l’agroalimentare made in Italy, le reazioni rispetto alle indicazioni dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) in merito alle accortezze alimentari da prendere a tutela della salute pubblica sembrano esagerate, talvolta fuori luogo. Cerchiamo dunque di fare chiarezza. La questione nasce alcuni mesi orsono quando l’ente pubblica «Time to Deliver» uno studio che individua le accortezze da prendere per aiutare tutti coloro che soffrono di malattie o disfunzioni che insorgono a causa delle abitudini alimentari. A corredo l’Oms stila un elenco di modifiche e attenzioni da mettere in atto per prevenirle: l’assunzione di tabacco e alcol, dieta non salutare, inattività fisica. Ed a proposito di dieta non cita alcun prodotto specifico ma indica genericamente ciò che è risaputo, ovvero la necessità di ridurre nella dieta i cibi ricchi di zuccheri, di grassi e soprattutto di sale, suggerendo di utilizzare misure atte a diminuirne il consumo.

Tra queste una maggior tassazione per i prodotti che ne contengono quantità rilevanti ed etichettature più dettagliate che mettano in guardia i consumatori attraverso un messaggio di allerta (del tipo «può nuocere alla salute»). E qui scatta la protesta della produzione agroalimentare italiana che si sente presa ingiustamente di mira, arrivando a paventare che la mossa favorisca in realtà la produzione industriale delle multinazionali che da tempo cavalcano l’onda degli alimenti light. Ora, a parte il fatto che accostare dieta mediterranea a Parmigiano Reggiano o a Prosciutto di Parma è una corbelleria senza logica, perché mai la produzione agroalimentare del Belpaese dovrebbe temere ripercussioni? Se mai gli organi competenti dovessero decidere di prendere effettivamente le misure proposte, tutti gli alimenti che appartengono alle categorie suddette dovranno assoggettarsi alle nuove normative.

Per dire, insieme al Prosciutto di Parma dovranno farlo lo Jamon Iberico Pata Negra ed a maggior ragione il Salame ungherese. E con il Parmigiano Reggiano anche il Gouda olandese e la Feta greca. Ed i nostri prodotti, non temendo confronti sul piano della qualità (su questa semmai è importante concentrarsi per fare in modo che rimanga superiore ai concorrenti) saranno sempre avvantaggiati. Anzi, la nuova normativa potrebbe rivelarsi per alcuni comparti della nostra produzione agroalimentare un’opportunità per distinguersi dalle tante brutte copie che sottraggono al vero made in Italy grandi fette di mercato. Il vero pericolo non è l’informazione ma la disinformazione, non la conoscenza ma l’ignoranza. Più dettagliate e corrette sono le etichette, più il consumatore potrà scegliere con cognizione di causa.

Piuttosto è importante vigilare affinché le regole valgano per tutti, nessuno escluso. Ed a monte, ma qui il discorso si farebbe lungo, impegnarsi davvero per diffondere una cultura alimentare corretta (chissà quando l’educazione alimentare diventerà materia scolastica fin dall’infanzia…). Perché dunque , biasimare Oms ed Onu se si preoccupano della nostra salute, ritenendola un’ingerenza al nostro modello alimentare? Potranno essere criticati gli strumenti adottati per raggiungere l’obiettivo, non certo il principio di base.

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