Governo, Salvini
riabbraccia Berlusconi

Matteo Salvini conferma che non ha alcuna intenzione di rompere con Silvio Berlusconi e risponde così alle ultime, imperative parole con cui Luigi Di Maio ha chiuso il «forno» leghista per aprire quello col Partito democratico. Dunque, la conseguenza della mossa del capo grillino non porta alla frantumazione del centrodestra, anzi. Molti retroscena davano per imminente una divisione: quando Massimiliano Fedriga avrà conquistato domenica il Friuli Venezia Giulia congedando il governo regionale della Pd Serracchiani,

ci si aspettava che Salvini avrebbe colto la palla al balzo per porre condizioni ultimative e divisive al Cavaliere. E invece alla vigilia del voto il leader del Carroccio smentisce tutto. Non solo: nega di subire dalle televisioni Mediaset un attacco mediatico come invece aveva sostenuto proprio Di Maio annunciando l’intenzione di varare il prima possibile una severa legge sul conflitto di interessi destinata a colpire proprio Berlusconi.

È evidente che Salvini, sempre più nel mirino dei centri sociali che lo ritraggono a testa in giù come il Duce, attende che fallisca il rendez-vous tra M5S e Partito democratico, convinto che la maggioranza renziana del partito non farà passare il dialogo avviato dal reggente Martina con l’appoggio della squadra «ministeriale» (Dario Franceschini in primis) e discretamente sospinta dal Quirinale che vedrebbe di buon occhio una simile soluzione.

Occorre attendere la riunione della direzione del partito, convocata per giovedì 3 maggio, per capire quale sarà l’orientamento finale dei democratici ma già da adesso si può tranquillamente pronosticare che i fedelissimi di Renzi voteranno «no» all’intesa con i grillini.

Se un dubbio rimane, è quale sia oggi la presa di Renzi sul partito: finora i numeri in direzione e nei gruppi parlamentari erano assolutamente chiari e indiscutibili ma – come si sa – il potere è qualcosa che sfugge facilmente di mano quando ci si trova su una china discendente. Il 3 maggio sarà una verifica anche di questo.

In ogni caso Salvini scommette proprio sul fallimento dei «passi» che finora l’esploratore quirinalizio Roberto Fico ha potuto registrare nel corso della sua missione. «Pd e M5S hanno zero possibilità di intendersi – ha detto Salvini – e del resto il rapporto tra loro sarebbe contro natura, giustamente i militanti dell’una e dell’altra parte protestano e si sentono traditi».

Una volta che anche questo passaggio sarà consumato il segretario della Lega, forte del risultato friulano, potrà forzare la mano a Di Maio e riaprire il confronto. Lo farà come capo dell’intero centrodestra, quindi del 37 per cento dell’elettorato e non del 17 della sola Lega, e potrà proporre una soluzione transitoria che porti gli italiani a votare in breve tempo. Non il governo istituzionale o di tregua o di decantazione promosso dal Quirinale che sia i grillini che i leghisti non sono disposti a votare, ma un governo politico tra gli unici due partiti che hanno interesse a riaprire le urne perché sanno di ricavarne un sicuro guadagno. Il problema è chi dovrebbe presiederlo, un simile governo: Di Maio potrebbe fare un passo indietro giustificandosi proprio con la «provvisorietà» della soluzione trovata, e il centrodestra potrebbe trovare la propria soddisfazione con un suo esponente meno esposto al fuoco di queste settimane, ossia il numero due del movimento Giancarlo Giorgetti.

È un’ipotesi, ma in questo momento non si può far altro aspettando prima il voto friulano e poi la direzione del Pd. Salvini ha dimostrato di non avere fretta e di non farsi nemmeno troppo impressionare dagli ultimatum di Di Maio. Segno che il filo che lo lega ai grillini non si è mai del tutto rotto.

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