Se il Papa non perdona
il silenzio sui cristiani

Lo fa da due anni e il suo non è puro lamento. E lo ha fatto anche ieri chiedendo di pregare per i cristiani uccisi in Pakistan. Il terzo anno di Pontificato di Papa Francesco, quello che porta al Giubileo della misericordia, si apre con un nuovo dolore e con la richiesta assillante di cambiare sistema. La globalizzazione dell’indifferenza, che una volta ha detto ci toglie perfino la capacità di piangere, ha fatto calare la nebbia e aumentato l’oblio.

Le parole di Bergoglio ieri all’Angelus dovrebbero far riflettere l’intera comunità internazionale, perché la sua è una denuncia pesantissima sulla strage di cristiani e sulla persecuzione che il

mondo cerca di nascondere. C’è come un’anestesia conficcata nel cuore del mondo, che ha portato all’insensibilità fino all’indecenza. Oggi i cristiani in molte parti del pianeta vivono una precarietà quotidiana con conseguenze spesso funeste. Ma non ci sono solo il Medio Oriente e l’Africa. Il Pakistan da anni è il fronte dimenticato di una guerra dove l’islamismo militante ha prodotto un grumo drammatico di tragedie favorite da quella che gli esperti di geopolitica chiamano la «disaster diplomacy», che mai, anche da prima della guerra afghana, è stata in grado di trovare soluzioni a conflitti interni che erano lo specchio di altrettanti conflitti esterni combattuti su una linea di confine delicata per via di confronti politici, etnici e religiosi. Così il mondo ha preferito dimenticare la complessità e la delicatezza di una situazione che mai è entrata davvero nell’agenda internazionale. In casi così a farne le spese sono di solito i più poveri e i più deboli.

In Pakistan sono i cristiani. Asia Bibi è condannata a morte, per essere donna, madre e cristiana. Le accuse di blasfemia sono quasi sempre basate su false accuse. E i morti si contano sul pallottoliere dell’indifferenza internazionale. Bergoglio quando ieri ha accusato il mondo «che cerca di nascondere» la persecuzione ha messo sotto accusa una dittatura senza volto. Non ha parlato per consolare, non ha chiesto di pregare proponendo conforto spirituale per le vittime. Ha legato la preghiera alla rimozione dell’oblio. Ha voluto dire che c’è una parte di umanità che gestisce le cose e cerca di nascondere e un’altra parte che è bandita, tenuta fuori, non ammessa addirittura al tavolo della vita e alla sua fruizione. Nella follia di chi ritiene che la guerra si possa fare in nome di Dio tutto è permesso, e il mondo è meglio che giri gli occhi da un’altra parte. Accade in diverse luoghi, eppure vi sono luoghi dove ciò accade con maggior oblio e forse con maggior giustificazione geopolitica, essendo luoghi considerati più sensibili, dove gli equilibri sono precari per insipienza internazionale: e quindi è meglio stare zitti, nascondere e non pensare nemmeno che le vittime possano diventare artefici del proprio riscatto se solo si ripristinassero normali regole almeno di vicinanze, se non proprio di democrazia e cittadinanza che valorizzino le differenze per innescare il bene comune e non le bombe.

Se Bergoglio chiede di non dimenticare lo fa per giustizia e chiede alla Chiesa intera di assumerne la causa. Quando i conflitti si raccontano, quando le crisi restano a galla, si aiuta la loro mediazione e si affretta la fine e forse anche la riconciliazione. Per questo Papa Francesco non dimentica e insiste sul Medio Oriente, sull’Ucraina, sulle frontiere dimenticate dei conflitti asiatici, che la comunità internazionale ritiene a bassa intensità e giustificandone quasi l’esistenza. Racconta e chiede di cambiare i rapporti, le cause e le loro concatenazioni attuali che inesorabilmente fanno marciare l’umanità verso un drammatico destino.

La misericordia, essenza del Vangelo, serve per dare spessore alla svolta. Rinnova l’immagine di Dio, di un Dio che non giudica e non divide il mondo tra buoni e cattivi, che non condanna e non invita gli uomini a prendere le armi in suo nome. Lo dice ai cristiani, lo dice a tutti coloro che credono, lo dice a chi intende nascondere le persecuzioni contro i cristiani e contro i credenti, anche quelli musulmani. La misericordia di Dio si colloca sempre al vertice opposto rispetto al fondamentalismo identitario. Perché le bombe, la violenza e l’indifferenza non possono avere mai funzione salvifica.

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