Silvio il moderato
torna e convince

Il voto in Sicilia ha raccontato una contesa fra centrodestra e 5 Stelle con la sinistra tagliata fuori. Un test regionale che può condizionare la prospettiva nazionale, ma che sarebbe eccessivo trasferire in automatico alle Politiche di primavera: un tempo così distante in politica equivale ad un’eternità. Determinare il futuro, in modo meccanico, in base al presente è sempre rischioso: l’aritmetica in politica non è una scienza esatta, dipende. A parte l’ineleganza, ha sbagliato quindi Di Maio a rinunciare, dopo averlo richiesto, al match in tv con Renzi, ritenendo il leader Pd non più il competitore diretto. In realtà, se l’andamento dello scrutinio sarà confermato, i grillini non hanno vinto, collocandosi piuttosto nello status di migliori perdenti.

Renzi e Grillo, se i conti saranno questi, rappresentano i due diversamente sconfitti: il primo con un tonfo, il secondo con un mancato traguardo. Lo spoglio vede i grillini secondi con uno scarto di 4 punti a favore del candidato della destra: sono andati relativamente bene, ma l’assalto al cielo non c’è stato.

Dati fino a qualche settimana fa per protagonisti di una semplice passeggiata, sono stati infilzati dall’astensione, il primo partito, una tendenza di lunga durata e a livelli americani specie al Sud: i grillini avevano chiamato alla mobilitazione, la risposta è stata la diserzione. La Sicilia, diversamente da Roma e Torino, ha detto che c’è un limite al potenziale consenso dei grillini tenuto nel freezer dell’autoisolamento: non sono ancora percepiti come forza di governo e passano in seconda fila quando c’è un’alternativa credibile.

Il successo è di Berlusconi, tanto più che non credeva oltre misura nel candidato di Fratelli d’Italia. Il Cavaliere sta rimontando, ha ancora inattesi margini di recupero, consolida il rientro e l’offerta moderata sembra funzionare. Può sempre sostenere, finché tiene, che il voto utile è quello del centrodestra e che il punto di resistenza al populismo passa da Forza Italia in versione Popolari europei. Il passo successivo sarà il tentativo di derubricare Renzi da inseguito a inseguitore, una specie di junior partner, la stessa logica che sta dietro l’abbandono di Di Maio al confronto con il leader Pd: il focus dell’area critica del prossimo confronto elettorale. Berlusconi, che giocava in una terra amica da sempre, s’è rivelato un abile costruttore, o ricostruttore, di alleanze capaci di essere competitive: cosa improponibile per i 5 Stelle isolazionisti e che trova le due sinistre indisponibili a rimettere insieme i cocci.

La Sicilia, però, non è tutta l’Italia e governare, come sa Berlusconi, è un’altra cosa. Aspettiamo i voti di lista per sapere se Salvini ha fatto breccia fuori casa, ma al Nord è la Lega a dettare legge e lo stesso leader del Carroccio dovrà vedersela a sua volta con l’ala di governo, quella di Maroni e Zaia. Gli equilibri nel centrodestra rimangono precari e Salvini non è un socio arrendevole.

In questo cambio di fase il Pd non è entrato nel gioco e non ha toccato palla: un crollo che, per quanto annunciato, non ne attenua gli effetti allarmanti. I suoi avversari dell’altra sinistra non hanno fatto di meglio e in questo caso la sconfitta è l’insieme di due debolezze introverse, dove le beghe personali sono scambiate per alternative politiche.

Dopo il colpo a effetto del 41% alle Europee, il Pd di Renzi è in rotta discendente e in perdita di velocità: da 3 anni continua a perdere pezzi di territorio e il bel giocattolo sembra essersi rotto. Lo stesso leader non ha più lo spazio di comunicazione che era riuscito ad occupare. La Sicilia, è vero, ha caratteristiche molto locali e dinamiche tutte sue: dall’eredità negativa della Giunta Crocetta ad un candidato «tecnico» in uno scontro tutto politico. Tuttavia s’inserisce in un trend negativo, anche a livello europeo, per le forze riformiste, in un vento che soffia a destra e, per il Pd, nel tornante sfavorevole che ha la sua giuntura critica nella sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre. Da allora qualcosa è venuto a mancare nel rapporto fra il centrosinistra, il suo elettorato e il Paese: la Sicilia, comunque sia, riflette questa lontananza.

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