Tra Germania e Italia
somiglianze e differenze

Il dopo elezioni italiano si presenta complicato. Le formazioni o i raggruppamenti politici non sembrano in grado di formare da soli un governo. In Germania è da settembre che si passa da un colpo di scena all’altro senza certezze di governabilità. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha incontrato a Berlino Angela Merkel e ha tratto auspici di speranza. L’instabilità tedesca aiuta le forze di governo italiane. In effetti i due Paesi hanno percorsi politici simili e vivono questa fase di passaggio con lo stesso indice di difficoltà.

Se non fosse per quell’ormai consolidato senso di inferiorità che caratterizza il ruolo internazionale del Paese, l’Italia potrebbe rappresentare il laboratorio politico d’Europa. Lo è stato a suo tempo con l’annullamento dei partiti tradizionali, Dc in testa. E poi l’avvento di una figura discussa come Berlusconi. Nel segno del rifiuto della logica partitica è anche la nascita del Movimento 5 Stelle.

Il nostro tempo richiede personalità controverse in grado di controbilanciare con il loro carisma la mancanza di idee forti. L’ascesa di un outsider come Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ne è un esempio. Berlusconi a 24 anni dalla sua ascesa politica è ancora sulla scena. Beppe Grillo per quanto si mimetizzi è la figura dominante del movimento. In Francia Emmanuel Macron ha ridotto ai minimi storici i partiti tradizionali e ha imposto una propria forza politica nata dal nulla. L’unica nazione che si è sottratta al cambiamento epocale è la Germania. Concentrata sull’economia, ha puntato su un modello di sviluppo che è risultato vincente e questo ha dato stabilità al sistema. Perché cambiare partiti e politica se le cose vanno bene? Questo ha ispirato sinora l’elettore. Sino a quando anche al di là del Reno è apparso chiaro che l’economia non è tutto e la Germania non è un’isola nel mondo in tempesta. Le ondate migratorie sono arrivate nel 2015 e da allora il discrimine non è più destra e sinistra ma apertura al mondo che cambia o chiusura. Capacità di gestire i fenomeni o chiudersi nel proprio riccio nella speranza che ritorni la calma. La sfida è dunque convincere i perdenti delle società occidentali che la globalizzazione li può abbattere ma li può anche risollevare. Si tratta solo di fare i conti con essa, di guardare in faccia il rischio e di affrontarlo. Quello che al cosiddetto mondo sviluppato è mancato in questi anni è il coraggio. Il riflesso condizionato dei partiti è di promettere agli elettori un benessere che non c’è più. Vogliono tutti ripartire la spesa, chi ai lavoratori, chi ai pensionati, chi ai giovani, chi ai disoccupati e via di seguito. È stato così nella campagna elettorale tedesca, altrettanto lo è in quella italiana. In questo ritardo i due Paesi si identificano. I partiti italiani già pensano al dopo voto. E immaginano alleanze di governo che si ispirano alla grande coalizione tedesca. L’obiettivo l’ha dichiarato Gentiloni a Berlino: contro i populisti e gli antieuropei. Lo stesso vale per la Germania che vede nell’Afd il rischio di una deriva nazionalista e nostalgica. Non a caso la Spd perde consenso nelle classi popolari. Sono sempre di più i lavoratori che lasciano il rosso socialdemocratico per il vessillo nazionale sventolato nelle manifestazioni dell’opposizione antieuropea. Mentre all’interno della Cdu cresce il malcontento verso Angela Merkel.

C’è solo una via: ritrovarsi nell’europeismo perduto. Al di fuori d’Europa non vi è futuro. Troppo grande la concorrenza dei Paesi continente Stati Uniti, Cina, Russia. Anche un gigante economico come la Germania in mano ai nazionalisti diverrebbe un nano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA