Troppi predicatori
Morale in crisi

Il cosiddetto cittadino medio prova spesso un senso di malessere al limite dello sconforto. Non si finisce di parlare di uno scandalo che, immancabilmente, ne scoppia uno nuovo. Non lo sapevo e l’ho scoperto recentemente, per caso. Su Wikipedia, la enciclopedia on line, esistono alcune voci curiose e interessanti. La prima è «scandali italiani», elencati in bell’ordine alfabetico, da «affare Telekom Serbia», passando per «balletti verdi», «bancopoli» e tanti altri: una ventina, fino a «Zanzara».

La seconda è «scandali politici italiani»: sono soltanto tredici e si parte da «Giancarlo Galan» per finire a «Tranigate». Sempre su Wikipedia si possono trovare altre interessanti voci: «Scandali calcistici italiani», di attualità in questi giorni; «Scandali sessuali» che non sono soltanto italiani, ma dove noi italiani facciamo la nostra bella figura tra «balletti verdi», «bunga bunga» e altro ancora.

Ho cercato in questi siti, sempre pronti a recepire nelle loro voci l’attualità, qualcosa degli scandali più recenti. Ma non ho trovato nulla delle discussioni sulla faccenda della Total, delle dimissioni di Federica Guidi, del possibile reato di «illecita interferenza» di cui l’ex ministra è accusata. Naturalmente della faccenda c’è molto in Internet, ma la molta cronaca non è ancora stata consacrata dal suo approdo alle enciclopedie della rete. Diciamo che per la rete questa cronaca non è ancora diventata storia. Ma è cronaca pesante, stressante, continua.

Di fronte alla quale nasce spontanea una sensazione semplice, quasi banale. Ci si convince, quotidianamente, che molte cose non vanno e che molti giochi sporchi si fanno sulle cose che non vanno. La corruzione è diffusa, dappertutto. Naturalmente, siccome molti scandali scoppiano in settori diversi della società, nell’opinione pubblica si fa strada la convinzione che non soltanto una parte, ma tutta la società è corrotta. E questo dà ancora più forza all’accusa. Si è molto severi nel giudicare perché ci si è convinti che tutto, ma proprio tutto va male.

La forza dell’accusa, quindi, va di pari passo con una sua indeterminatezza: si accusa molto senza sapere molto bene perché. Diciamo che questo grosso disagio collettivo fa venire alla luce, ancora una volta, la mancanza di regole morali veramente condivise. Vogliamo ricordare una notissima, vistosa stranezza italiana (forse non solo italiana, ma certamente molto italiana)? Si fanno accuse pesanti a uomini politici e partiti, ma poi si evadono le tasse, allegramente.

Le cifre dell’evasione fiscale che ci vengono ricordate, sono da capogiro, come tutti sanno e ci dicono che il fenomeno non è limitato a una élite corrotta, ma riguarda la massa. La massa che accusa, dunque, è accusata. Naturale, non tutti gli italiani sono evasori che accusano. Per fortuna ci sono quelli che accusano ma pagano e forse ci sono anche quelli che pagano senza neppure accusare. Ma la conclusione sconfortante è che molti chiedono ad altri ciò che loro non fanno e, cosa ancora più grave, si accusa sulla base di regole che non ci sono o che non si conoscono.

Soprattutto si ha la sensazione che nel nostro Paese, molto più che in paesi del Nord Europa e del Nord America, si parla molto di «onestà», di «trasparenza», di «servizio» ma non si sa che cosa voglia dire concretamente essere onesti, trasparenti e servizievoli.

Manca l’intreccio diffuso delle regole intermedie, quelle del buon funzionamento della società, che rendono possibili i rapporti corretti fra il singolo e le strutture pubbliche, da quelle «vicine» del proprio comune, a quelle lontane dello Stato. Sicché abbondano i predicatori di morale ma è in crisi la morale. Si parla molto dei massimi sistemi, si parla poco dei sistemi minimi grazie ai quali i massimi sistemi diventano una cosa seria.

Insomma: mi rendo conto che non è molto originale. Ma tra il molto parlare bene e il molto razzolare male, sarebbe meglio che si tentasse di parlare un po’ meno ma di razzolare un po’ meglio.

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